NATALE IN CASA ITALIA CON L’AGENDA MONTI A POSTO DEL
PANETTONE.
Il peggior Natale della vita mia, credetemi, non tanto per colpa dell’IMU quanto per aver letto e studiato la famosa “Agenda Monti”. Una delusione cocente ed una noia mortale! La punta dell’iceberg
profondo che separa in due il mondo
civile e politico italiano, oltre alle enormi, sostanziali, numerosissime e variegate differenze che restano nascoste
sotto il pelo dell’acqua, sta fondamentalmente nel ritenere che la strada maestra per uscire dalla crisi
sia quella concordata (concordata?Imposta è il termine corretto) con i nostri
partner europei(come accade ai montiani, ai centristi ed in parte anche al
centrosinistra) oppure, come accade nel centrodestra ed anche in alcune frange
minimali del P.D.,nel ritenere che
proprio quella via sia la strada maestra che ci porta al disastro finale, al
fallimento. Si tratta della questione cruciale per la politica italiana,
una questione che sta a monte di tutto il resto e dalla cui risoluzione
dipendono le scelte della politica interna.
Su tale punto, assolutamente prioritario,l’agenda Monti evidenzia affermazioni
pletoriche e nessuna soluzione.” L’Italia deve
battersi per un’Europa più comunitaria e meno intergovernativa, più unita e non
a più velocità, più democratica e meno distante dai cittadini”. Chissà cosa
abbiamo fatto fin’ora noi di centrodestra ! E subito dopo: “ Le conclusioni del Consiglio europeo del 13-‐14 Dicembre 2012 segnano l’avvio di un cammino per la costruzione
di un’autentica Unione economica e monetaria basata su una più intensa integrazione
fiscale, bancaria, economica e politico istituzionale”. Quel Consiglio “un avvio”? A noi risulta l’opposto,invece: che sia
stato rinviato a giugno del prossimo anno quando , guarda caso, sarà quasi
ovvio rinviarlo a “ dopo le elezioni politiche tedesche” di settembre 2013
innanzi tutto. A noi poi risulta che
quel Consiglio ha invece stabilito alcuni punti sui quali l’Italia guidata dal
Prof. Monti ha accettato le richieste della Germania senza muovere un dito . Ha
accettato che il controllo bancario a
cura della Bce riguarderà solo 600
banche su circa ventimila aziende di credito ( solo le grandi Banche con asset
da 30 miliardi di Euro ). Ha in tal modo agevolato la Merkel che chiedeva di presentarsi alle elezioni tedesche avendo
ottenuto che le Landsbanken e le
Sparkasse - dove si annidano le
operazioni vitali per la finanza tedesca – saranno escluse dal controllo. Per il nostro sistema bancario, invece,
concentrato sulle grandi banche nate dalle concentrazioni e controllate dalle
Fondazioni, quel controllo sarà capillare, visto che in Italia le operazioni di
investimento sono ormai riservate alle poche Banche internazionali . A noi
risulta ancora che quel Consiglio ha anche deciso di posticipare a Marzo 2014 la
vigilanza unica europea, ha di fatto bloccato l’attivazione del Mes (
Meccanismo europeo di stabilità) che non può operare se non parte prima la
vigilanza bancaria unica. In tale modo il Mes , ora fermo per il veto tedesco,
investe i propri fondi, anticipati dagli Stati membri in titoli di Stato di
tripla A. E quali sono i Paesi che oggi godono della tripla A? Guarda caso la
Germania. In tal modo il Mes agisce al contrario di quello per cui era stato
concepito, che era quello di sottoscrivere , invece, i titoli del debito
sovrano dei Paesi in difficoltà. Quel Consiglio inoltre, che il Prof. Monti
smercia coma un successo personale, nulla ha potuto stabilire in merito alla
unione economica ed a quella di bilancio, in merito alle quali c’è belligeranza
fra Francia e Germania in quanto nessuna delle due intende cedere ulteriori
fette di propria sovranità. Se c’è un “ ritorno ai nazionalismi” con toni
“populistici”più che da parte di chi, come noi, vorrebbe una Italia
dignitosamente parte attiva del dibattito europeo anziché in posizione
subalterna e succube di Francoforte, questo blog crede che dipenda sopra tutto
dalla condotta poco europea e tanto “pro domo sua” fin ora attuata dalla
Germania e dalla Francia.
Colgo l’occasione di aver scritto il termine “populismo”, molto
usato dai politici nostrani “ de sinistra” come fosse un’accusa di chissà quale
reato che commetta il centrodestra , per ricordare a tutti questi “ smemorati
di Collegno” che il “populismo” non è una caratteristica del centrodestra, ma nacque
proprio in Russia vero la fine dell’800, come applicazione pratica del
socialismo. Si tramutò poi in “ comunismo” all’inizio del novecento ed ha
quindi caratterizzato sia il “ comunismo” che le sue due varianti del secolo
scorso, ossia il nazismo ed il fascismo. Aggiungo, inoltre, che visto che
l’opposto del “ populismo” è “elitarismo” o Governo delle elite per classe e
censo, essere eventualmente populista è decisamente positivo ed a vantaggio
della piena democrazia. Ma possibile che queste nozioni storiche siano
sconosciute alla Bocconi?
L’Italia potrà avere un ruolo determinante in
Europa solamente se le sue istituzioni democratiche dimostrino di funzionare in modo che i governi eletti dal popolo possano
funzionare ed agire , nel consesso europeo, per il bene dell’Europa e non per
quello egoistico del proprio Paese. Nelle democrazie la credibilità non è mai “
personale” ma sempre derivata dal corretto funzionamento delle istituzioni. Gli
enormi passi da gigante che sono strati compiuti dalla Francia dai tempi del
Generale De Gaulle ad oggi non hanno, infatti, altra spiegazione che il
rispetto internazionale verso quella Repubblica Presidenziale che agiva
nell’interesse del Paese indipendentemente dalle persone che ne incarnavano la
carica presidenziale, dai Giscard D’Estaign fino ai Mitterrand e fino ai
Sarkozy .Proprio l’opposto di quello che il Governo del Prof. Monti ha
rappresentato per il nostro Paese, un Governo senza alcun consenso democratico
e popolare, un governo formato da personalità nate, cresciute ed arricchitesi
nel “ sistema bancario” e non in quello “politico”, un governo nato da un atto
presidenziale di sostanziale sospensione della democrazia nel Paese, un
governo, aggiungo, composto da “baroni universitari”, da “ baroni bancari”, tutte
persone vicine, contigue e spesso “ organiche” ai “ poteri forti” del Paese,
quell’ignobile grumo di potere nelle cui
mani la oligarchia politica italiana degli anni dal 1946 in poi ha messo il
Paese per motivi clientelari e mai per merito. Non si è forti in Europa perché
non c’è Berlusconi, irriso dalla Merkel perché non prostrato ai suoi desideri,
ma perché c’è un Professor Monti o perché ci sarà un Bersani. Si è forti un
Europa – e nel mondo civile – se la nostra forma democratica saprà partorire un
Governo eletto e retto dal consenso popolare e che disponga dei poteri
necessari per attuare quelle che sono le proprie scelte politiche. La prima parola usata dall’Agenda sull’Europa
è la parola “ crisi”. Ma della crisi, il Prof. Monti
non ne parla proprio , non la spiega, non spiega come si è prodotta,non
spiega chi l’ abbia prodotta, né come l’ha prodotta, né quando
l’ha prodotta , né di chi sono le responsabilità. Un Professore di economia che
non spiega queste cose è un cattivo maestro, come tutti coloro che “ non
spiegano nulla” ma “ scrivono solo frasi fatte , ad effetto”. Ma a chi crede di
prendere in giro la declamata “ Agenda Monti”? . Scrivere che”L’Italia deve
battersi per un’Europa più comunitaria e meno intergovernativa, più unita e non
a più velocità, più democratica e meno distante dai cittadini “ sa di “ pesante presa
in giro “ per chi legge perché è
esattamente l’opposto di quello che è avvenuto in Europa dall’avvento del Prof. Monti. Quello che Monti definisce ipocritamente il “
metodo intergovernativo” è proprio quel sistema imposto dal direttorio
franco-tedesco,quello dei “ sorrisetti”, quello che Monti ha supinamente accettato,
avvalorato, avallato nei suoi successivi
contatti con l’Europa, depositando ogni
potere decisionale nella mani della sola Angela Merkel.
Vediamo
ora la così detta “ Strada per la crescita”
dell’Agenda Monti. Non posso esimermi dal manifestare tutta la mia stupefatta
meraviglia nel leggere in questa importante parte della Agenda Monti una
sequela incredibile di strafalcioni e di errori: non voglio credere che sia
frutto del Prof. Monti, spero si tratti di farina di qualche suo impreparato
collaboratore, parte che il Professore dovrebbe affrettarsi a cancellare dalla
sua agenda. Spiego con dati oggettivi , com’è mia personale abitudine, tutte le mie critiche. Sono d’accordo
sull’incipit , la strada per la crescita non può che passare per la risoluzione
del nostro gigantesco debito pubblico. Ma l’Agenda non ci spiega come ridurlo
questo debito pubblico e si lancia
invece in una serie di strafalcioni e di inesattezze non solo indegne ma
addirittura ridicole. Vediamole tutte. Innanzi tutto il nostro debito pubblico
non supera,come dice con superficialità l’Agenda, il 120% del PIL , ma è attualmente
al 126,4%. Inoltre l’Agenda dice che quel debito costa agli italiani 75
miliardi di Euro l’anno. Ma come 75 miliardi, se lo stesso Prof. Monti nella
relazione al Def nel settembre scorso certificava che gli interessi passivi
ammontavano ad 86 miliardi di Euro per il 2012, a 89 miliardi di Euro nel 2013
e così via. Come mai queste discrasie ? L’Agenda continua poi con altri incredibili strafalcioni, come dove recita “ ridurre di 100 punti base il tasso di
interesse che paghiamo sul debito equivale a venti miliardi di Euro a regime. E
da Novembre 2011 – scrive l’Agenda –
il tasso di interesse è calato di oltre 250 punti”. Errori incredibili! Non
è il “ tasso di interesse” che è
calato di oltre 250 punti, ma lo spread,
cioè la differenza di rendimento fra
i titoli decennali del debito pubblico italiano rispetto agli omologhi
tedeschi. Inoltre 100 punti di tasso di interesse valgono 20 miliardi di Euro
solo se lo si calcola sull’intero debito
pubblico che, com’è noto, ammonta a poco più di 2000 miliardi di Euro. Cosa
del tutto inutile e senza senso. Perché invece il calcolo non va fatto
sull’intero debito pubblico ma solo
sugli importi delle aste annuali, che sono circa 400 miliardi. Una bella differenza! Inoltre citare lo “ spread” nel
discorso sul debito pubblico è un altro gravissimo errore, una disinformazione
spaventosa a voler essere teneri e rispettosi , perché lo “ spread” riguarda
solo il così detto “ mercato secondario” (cioè le transazioni fra privati) e
non ha alcuna influenza sulla finanza pubblica. Infatti il costo effettivo per lo Stato deriva dalle “ aste mensili”
con le quali si rinnovano i titoli del debito pubblico. L’Agenda dunque sbaglia – e sbaglia di grosso
– a calcolare il costo del debito sull’intero debito,
perché quel costo va rapportato solo ed esclusivamente all’importo dell’asta
mensile. Insomma una cosa è calcolare il costo su 2000 miliardi di intero
debito pubblico, ben altra cosa è calcolarlo sui 400 miliardi annui di aste.
Quando l’Agenda dice che “ da Novembre
2011 il tasso di interesse è calato di oltre 250 punti” scrive
poi una falsità assoluta. Perché, ripeto, è
calato lo spread non
il tasso di interesse che lo stato
paga ai suoi creditori nelle singole aste mensili.
Lo spread non influisce nulla sul mercato dei titoli pubblici (mercato
primario)in quanto si applica alle transazioni fra privati( mercato, appunto,
secondario). Quello che determina il costo finanziario
sono i rendimenti che lo Stato deve garantire asta dopo asta. Vediamo allora l’andamento
delle aste mensili del periodo Novembre 2011 fino ad oggi, diciamo del periodo
“ montiano”. Riassumo estraendo i dati dalla pubblicazione della Banca
d’Italia.
Dicembre ’11, rendimenti del 7,56%;
Gennaio ’12, rendimenti del 6,98%;
Febbraio ’12, rendimenti del 6,08%;
Marzo ’12, rendimenti del 5,50%;
Aprile ’12, rendimenti del 5,24%;
Maggio
’12, rendimenti del 5,84%;
Giugno
’12, rendimenti del 6,03%;
Luglio ’12, rendimenti del 6,19%;
Agosto ’12,
rendimenti del 5,96%;
Settem
’12, rendimenti del 5,82%;
Ottobre ’12, rendimenti del 4,92%;
Novemb ’12, rendimenti del 4,45%.
Tasso “medio”( media fra il più oneroso ed il meno) pari al 6,005%.
Se
“ponderiamo” poi quei rendimenti secondo gli importi delle singole aste
mensili, troviamo il costo
medio ponderato dei buoni del tesoro decennali emessi
nell’anno ’12 pari al 5,70%. Se poi
applichiamo lo stesso metodo di ricerca – che è quello corretto – alle aste dell’anno 2011( ovviamente
fino ad Ottobre ) troviamo un costo
medio ponderato pari al 5,25%. Se voglio dirla tutta, da questi numeri
emerge che la gestione del Professor
Monti ha creato un doppio danno all’Italia: non solo ha aumentato il debito pubblico di
circa 80 miliardi di Euro ( non ostante l’aumento delle imposte e
l’introduzione dell’IMU) ma
ha peggiorato il costo del debito pubblico all’asta di uno 0,45%.
Veniamo
ora al capitolo dell’Agenda dedicato alla “
Riduzione e riequilibrio del carico fiscale”. I
dati che espongo sono tratti sempre dalle pubblicazioni della Banca d’Italia.
Bene l’Agenda Monti spaccia come “programma proprio” una serie di impegni
destinati al risanamento finanziario che il Governo tecnico del Prof. Monti ha
ereditato dal precedente Governo Berlusconi. Infatti sommando tutte le manovre
“ post crisi”, la Banca d’Italia ha calcolato una cifra di Euro 325
miliardi e di questa cifra solo Euro 60 miliardi sono attribuibili a decisioni
del Governo tecnico del prof. Monti. Fu infatti il Governo Berlusconi a
trattare con l’Europa il convenuto percorso per l’azzeramento del deficit,con i
relativi impegni annuali. Fu sempre lo stesso Governo Berlusconi ad avviare il
percorso per la costituzionalizzazione del pareggio di bilancio. E’ stato
sempre il Governo Berlusconi che si è assunto l’ingrato compito di attuare i
dolorosi passaggi necessari per raggiungere quel pareggio, tagliando le spese
superflue e gli sprechi piuttosto che aumentando le imposte e le tasse. Non
certo il Governo Monti. Cosa va spacciando e millantando dunque questa Agenda Monti, cosa vorrebbe indurci
a credere? Il Governo tecnico non è stato incaricato per sanare una “situazione finanziaria”(del
precedente governo), ma per superare,
grazie alla sua libertà dalla schiavitù del consenso politico ,la difficoltà politica
del precedente governo Berlusconi che era quella di far accettare al Paese il rigore
finanziario ed una programmazione di crescita del Paese. L’Agenda Monti vorrebbe farci dimenticare che invece ,
nell’anno di Governo tecnico, abbiamo assistito ad un vertiginoso accrescimento
del carico fiscale sulle spalle peraltro dei “soliti noti contribuenti”; che
non abbiamo visto un progetto che è uno che sia stato di vero sostegno per la crescita; che la “riforma
Fornero” è stata dal Governo tecnico scritta quasi sotto dettatura
della CGIL inserendovi i noti principi ( articolo 18, apprendistato, contratto
a tempo indeterminato, pensioni con sistema contributivo, ecc) che hanno
determinato l’opposto di quello che avrebbero dovuto fare e cioè: quasi un
milione di nuovi disoccupati,un tasso di disoccupazione accresciuto all’11 e
passa per cento, la fuga dall’apprendistato, il rimpianto per i tanto
vituperati lavori temporanei della Legge Biagi, i giovani che sono indebitati a
vita per pagare le pensioni d’oro (anche quelle baby) ai nonni ed ai padri che
hanno goduto del sistema retributivo con lo scandalo cinquantennale delle promozioni a go go, che sono delle vere
ed impunite truffe allo Stato, il bubbone di circa trecentomila “esodati”- un
esercito di “ incalliti sfruttatori” che hanno speculato, con un cinismo
ributtante, sulle generose leggi previdenziali, per arraffare consistenti
“buone uscite” per starsene anni ed anni senza lavorare con i soldi in tasca in
attesa della pensione anticipata e che ora i nostri figli e nipoti devono pure mantenere.
Le “ millanterie” riempiono l’Agenda Monti, come quando in essa si legge “ che per la prossima legislatura occorre un
impegno per ridurre il prelievo fiscale”. Per la “ prossima legislatura”? Ma
crede veramente l’autore di questa Agenda, che gli italiani siano tutti dei
cretini? Traggo, sempre dai dati della Banca d’Italia che la pressione fiscale,
fra novembre 2011 e novembre 2012 è cresciuta dal 42,5% a 44,7% e che – giova
rammentarlo per svergognare le menzogne dell’Agenda - la “ riduzione del prelievo
fiscale” è una legge che è stata approvata dal
precedente Governo Berlusconi. Infatti la Legge di Stabilità appena approvata dal Governo Monti ha
anticipato al 2013 l’operatività di quel Fondo, dunque già esistente,nel quale
debbono essere accantonati i proventi dalla lotta all’evasione fiscale , fondi
destinati a ridurre, appunto, il carico fiscale su cittadini ed imprese.
Passando a quello che l’Agenda Monti qualifica come “
Patto tra Fisco e contribuenti” devo
rammentare che con
la legge n.212 ("Disposizioni in materia di statuto dei diritti del
contribuente) del 27 Luglio del 2000, sono state emanate
ex tunc tutta una serie di disposizioni
normative,poste appunto a tutela dei
contribuenti, nei confronti del Fisco. Una delle principali disposizioni
di questa Legge è, ricordo, quella della non-retroattività, contemplata nel
diritto penale, esteso da allora anche al contenzioso tributario, un principio
per il quale l'efficacia di una norma tributaria decorre successivamente
alla sua approvazione e pubblicazione. Una norma di civiltà giuridica e fiscale
direi minima, doverosa negli Stati democratici e di diritto. Norma, invece, che
il Governo tecnico del Prof. Monti, autore dell’Agenda in esame, ha calpestato
quando ebbe la sfrontatezza di inserire tutta una serie di retroattività di
alcune disposizioni fiscali nella Legge di stabilità ( Legge Finanziaria) approvata
di recente dal Governo Monti e che solo grazie all’opera del Parlamento sono
state doverosamente cancellate. In realtà da decenni e decenni ormai è noto che
quello che ci vuole per l’Italia non è un
nuovo “ Patto fra contribuente e Fisco”
ma una decisa , vera, ampia, dettagliata riforma fiscale . Una riforma ardua da farsi, da
parte di qualsiasi governo politico: perché una seria riforma fiscale deve
mirare al cuore del problema, cioè al rapporto fra cittadino e Stato e deve
dunque, in via preliminare, scegliere tra due scuole di pensiero al riguardo. Fra l’impostazione liberale e l’impostazione
statalista, fra la visione di uno Stato rispettoso delle libertà
individuali nel primo caso e la visione di uno Stato padre – padrone degli
individui nel secondo, che pervade e limita se non addirittura elimina ogni
libertà personale, che ritiene di arrogarsi il potere di togliere a chi meritatamente
guadagna per poter dare a chi dovesse
poi scegliere di farsi mantenere e di non
lavorare. E qualsiasi Governo politico italiano , che basa la sua forza sul
“consenso”, avrebbe mezza Italia contro in qualsiasi caso. Pretendono di vincere quelli che
continuano a preferire un consenso aggregato attorno a poche persone, agli “
ottimati” , ai “ principi” medioevali e a idee-forza novecentesche piuttosto
che prediligere un processo di elaborazione politica capace di dare a questo
popolo moderato, liberale, conservatore una rappresentanza degna di tal nome.Ci si attendeva che proprio un Governo tecnico, svincolato dunque dal ricatto politico del consenso, avrebbe potuto affrontare questa riforma per il bene del Paese. Nulla invece è stato fatto dal Governo Monti in tal senso. Ha invece bloccato quel processo federalista che era l’unica speranza per ridurre le spese dello Stato onnivoro, ha usato l’IMU prevista dalla riforma federalista come un cavallo di Troia per fare entrare ad Ilio una vera e propria patrimoniale generalizzata ( l’IMU sulla prima casa e sulle successive) che ha ridotto il Paese a non consumare con tutte le conseguenze recessive che accompagnano, come indesiderati effetti collaterali, tutti i prelievi fiscali forzosi. Insomma sull’argomento in questione l’Agenda Monti racconta solo favole e balle. Si diverte a disegnare scenari degni si e no di Biancaneve quando vaneggia con “ una imposta patrimoniale che non sia causa di fughe di capitali”, senza minimamente dire quale sarebbe questa ignota imposta. Cosa dunque si fa,Agenda Monti, ai risparmi per non farli emigrare? Cosa dunque si fa a quelli che si chiamano sdegnosamente “ capitali” (questi capitali che vagolano per il mondo cercando il maggior profitto altro non sono che i risparmi di noi tutti, depositati in Banca) con i quali la Banca compie le operazioni di speculazione anche internazionale , con le quali e contro le quali buona parte degli italiani, come al solito ipocriti e farisei, si scagliano riempiendosi la bocca di belle parole, mentre pretendono nello stesso tempo dalla propria Banca quella remunerazione che è proprio il frutto della speculazione? Mettiamo loro i ceppi? Li vincoliamo alla gogna? Li rinchiudiamo nelle segrete di Castel Sant’Angelo nella migliore tradizione papalina da Santa Inquisizione? Con le frasi ad effetto, cara Agenda Monti , tutti i somari diventano professoroni.
Da pagina 15 fin quasi a pagina 20 l’Agenda Monti si occupa
di “riforma del lavoro”.
In cinque pagine l’Agenda non si fa scrupolo di menzionare una Legge fondamentale
in tal senso, la numero 138 dell’Agosto 2011, quella contro la quale si
scagliarono sia la CGIL che la Confindustria di Marcegaglia e che , con il suo
famoso articolo 8, attuava quel
cambiamento epocale preferendo la contrattazione di secondo livello o aziendale
a quella nazionale ed erga omnes. Fu dunque quella Legge, non le chiacchiere e
le subdole e colpevoli omissioni dell’Agenda Monti, a realizzare quegli
obbiettivi liberalizzatori della contrattazione del lavoro. Fu proprio su
quelle basi che Marchionne fondò i presupposti per gli investimenti della FIAT
in Italia, investimenti che , proprio da pochi giorni, sono stati ampliati con
un altro miliardo di Euro di
investimento in Sicilia. Non capisco dunque per quale recondita ragione
l’Agenda ignori o finga di ignorare tale legge e pretenda sfacciatamente
di intestarsi invece quegli obbiettivi
come merito personale. Perché l’Agenda non ha ricordato che quella Legge fu
pervicacemente avversata e bloccata dalla sinistra politica ? La risposta è
semplicissima: perché la stessa sinistra politica che bloccò quella Legge è la
prossima possibile alleata del Prof. Monti. Ecco perché l’Agenda Monti finge di
ignorare tutto questo, ecco perché , con alto disprezzo del ridicolo, parla di “successi della riforma Fornero”
quando il Parlamento sta ancora discutendo di come emendare quella riforma ?
Intanto il Prof. Monti ha
iniziato ad elargire regalie ai propri sostenitori, usando, ovviamente, i soldi
nostri. Ve
li disvelo. Fra le pieghe della Finanziaria
ultima troviamo due finanziamenti,
uno all’Ospedale
Gaslini di Genova ed uno al Bambino
Gesù di Roma, entrambi del Vaticano. Bagnasco ed anche l’Osservatore
Romano, per ringraziare l’obolo di 17
milioni di Euro, hanno sottoscritto per
avallo sul Professore alla guida del Paese. Non basta, perché anche sulla
questione dell’IMU sugli edifici
della Chiesa il Prof. Monti ha fatto
il “grande paraculo”. Da un lato ha fatto trapelare il messaggio che il suo
Governo aveva applicato l’IMU agli edifici ecclesiastici ( scuole, alberghi,
etc) mentre poi con le disposizioni attuative ha offerto alla Chiesa un
sotterfugio tramite il quale il Vaticano potrà non pagare l’IMU su alberghi,
scuole, ecc. Come? Ve lo svelo, avendo letto le istruzioni. E’ stato infatti
previsto che l’IMU non verrà applicata qualora “ le rette scolastiche e il costo
del soggiorno alberghiero” richiesti da Scuole e alberghi siano “non superiori”
alla metà di quelle di mercato rispetto alla localizzazione. Nel
decreto liberalizzazioni del Governo Monti, vanto del Ministro Corrado Passera,
è stato previsto che l’automobilista che installi a bordo
dell’auto una “ scatola nera per le auto”- che evita le truffe dei falsi
incidenti - abbia un sostanzioso sconto
sulla tariffa dell’assicurazione. Sarà una vera manna per chi produce queste
scatole nere. E chi le produce? Una certa Octo
Telematics, una
società nella quale nel 2010 il “
Fondo Charme 2” , un fondo finanziario promosso da Luca Cordero di Montezemolo e da alcune principali Banche italiane
,ha deciso di investire ingente capitale e della quale Montezemolo è
proprietario al 60%. Quella partecipazione di Cordero è costata nel 2010 una
cifra vicina al 20 milioni di Euro.
Oggi, grazie al prezioso “ assist” del Governo Monti, il 60% della Octo Telematics, vale – valutazione di
Goldman & Sachs allegata al bilancio – qualcosa come 1 miliardo di Euro. Un bell’affare, non c’è che dire, un affare che
vale bene il sostegno politico al Prof. Monti. Ce n’è anche
per l’Adr (Aeroporti
di Roma) , cioè per i Benetton, i Palenzona e soci, ai quali il Governo Monti
con l’ultima legge di stabilità, nascosta fra le righe ed i commi, ha regalato un aumento delle tariffe
aeroportuali di 10,50 Euro a tratta,
qualcosa come 360 milioni l'anno. E che dire della Rai i cui vertici, dalla Tarantola a Gubitosi,
sono stati nominati direttamente dal
Prof. Monti per risolvere un'altra
emergenza, quella della così detta "occupazione di Berlusconi a viale
Mazzini", per citare una delle frequenti mega fregnacce di sinistra. Ora l'occupazione sarà tecnica,Non sono tutti
questi dei veri e propri “acquisti di voti”, dei veri e propri reati
penali? Altro che Scilipoti! S’è mosso qualcuno? C’è forse un Giudice a Roma ? Nessuno,
ovviamente. L’ingerenza della Chiesa
nella politica degli italiani è stomachevole, come il silenzio del presunto
popolo laico, quello che sosteneva che la Chiesa dovrebbe pensare solo alle
anime, perché agli italiani ci pensa il Parlamento della Repubblica Italiana e
non la Conferenza dei Vescovi. Ma dove s’è nascosto questo presunto popolo
laico? E’ scomparso, E’ rimasto solo il popolo del centrodestra a cacciare via
i “ preti, questuanti, mercanteggianti ed invadenti ” dal Parlamento
italiano. Ma c’è chi ( Casini, Montezemolo,
Riccardi, Fini, Passera, ecc) cerca di farceli rientrare magari dalla porta di
servizio.
Ma per fortuna la decisione
spetta non agli “ ottimati” o ai “ principi” ma al popolo
italiano , con il suo voto e con la sua
sete di vera libertà, nonostante i giornaloni, produttori di populismo,
nonostante le banche, i poteri forti, le cancellerie arroganti e interessate,
non ostante gli agiografi prezzolati e professorini spagnoli esperti in fellatio scritte , cui
l'Italia del centrodestra non è mai
andata giù. Ci sarà pure una ragione vera del loro consenso così smisurato a
favore del Prof. Monti. Oggi la gente sta veramente male, mentre le banche
fanno utili da record. Ma come mai? Alla
fin fine, abbiamo buttato via un anno. Per
capire bene chi veramente sia il Prof. Mario Monti e quale sia il suo spessore
umano e la sua democraticità basta pensare che sta per mettere il proprio nome su una lista o su una
coalizione di liste che hanno lo scopo di strappare voti agli schieramenti di destra
e di sinistra che hanno permesso l’esperimento dell’esecutivo tecnico. Già così
una disgustosa operazione da sanguisuga . Ma se poi riflettiamo che, per
giunta, il Prof. Monti evita accuratamente
di chiedere il voto degli italiani sulla sua persona, dimettendosi da senatore
e candidandosi come premier,capiamo come
sia suo costume abituale presumere di
poter fare tranquillamente a meno dalla partecipazione diretta al plebeo e
dozzinale voto popolare. Insomma il
Professor Monti da tecnico si fa
politico aggirando le regole della democrazia creando una ridicola riedizione
del famoso Marchese del Grillo. Purtroppo, però, il “caso Monti” è una anomalia dalle conseguenze molto più gravi . La
prima conseguenza è che sta per far saltare la democrazia dell’alternanza,
sistema alternativo di governo fra le opposte politiche in atto in tutti i
paesi occidentali più evoluti. Infatti prima della “discesa” in politica del
Professore lo schema bipolare e le previsioni indicavano pacificamente che il
centrosinistra avrebbe battuto il
centrodestra,che P.L.Bersani sarebbe diventato con ogni probabilità l’Hollande
italiano. Dopo un ciclo di centrodestra si sarebbe aperto uno di segno opposto:
cioè un evento normalissimo anzi doveroso per un paese normalmente democratico . Invece ora
con la salita di Monti sopra il campo la
situazione cambia. Perché le liste
centriste potrebbero far perdere a
Bersani il vantaggio su cui poteva contare, possono consentire al centrodestra
di recuperare e limitare la sconfitta a cui sembra destinato. E, soprattutto,
possono creare le condizioni per una
alleanza post-elettorale tra centro e sinistra , una sorta di riedizione di
un nuovo “ incredibile compromesso” fra sinistra e Vaticano fondato su una pura spartizione del potere fra
massimalisti cattolici ed ex mangia
preti e dunque su un equilibrio talmente precario da far prevedere una
legislatura instabile e perennemente paralizzata dallo scontro di potere tra le
due antitetiche anime della coalizione.
Che faranno i candidati premier alternativi Bersani e Monti? Riesumeranno la
staffetta a palazzo Chigi di antica memoria? Come verranno scelti i ministri?
Con il riscoperto manuale Cencelli delle mediazioni interminabili e dei compromessi
inconfessabili? E, soprattutto, che farà il paese nella mani di un’alleanza di
governo troppo presa dai propri problemi di potere interni da potersi occupare
di come uscire dalla recessione economica? L’interrogativo è doveroso. Non solo
perché con Monti, Casini e Fini rientra
in Parlamento la Prima Repubblica, ma perché la tanto decantata “agenda Monti” è
in realtà null’altro che una sorta di canovaccio dirigista e statalista buono
proprio per un governo da “ inciucio di palazzo”.E che, soprattutto, evita
accuratamente di affrontare le grandi riforme indispensabili per la fuoriuscita
del paese dalla crisi. L’agenda di Monti, infatti, ignora del tutto la
necessità di una riforma istituzionale. E si capisce, visto che in realtà il
professore non vuole riformare ma solo riesumare l’epoca della centralità
democristiana. Non sfiora l’argomento di un ulteriore passo in avanti sul
terreno della riforma del lavoro. Ovviamente per non compromettere la
possibilità di una alleanza post-elettorale con i progressisti. Infine, ignora
completamente il capitolo della riforma delle autonomie, che poi è il capitolo
della riduzione dei costi dello stato burocratico e della politica. E trasforma
il tema della riforma della giustizia in un semplice argomento di campagna
elettorale antiberlusconiana. L’agenda Monti, quindi, non è la soluzione dei
problemi, ma una scialba riproposizione del solito ragionamento della vecchia
balena bianca: allearsi con la sinistra per occupare il potere !
Insomma, stiamo peggio di prima. Ma quale credibilità riconquistata! Rischiamo di tornare l'Italietta subalterna,
ricattata, etero diretta, di antica memoria. Il progetto politico del Prof.
Monti, la sua «salita» in politica ( giusto il termine, perché in effetti il
Professor Monti al rango di politico ci “ sale” da una rango inferiore, quello
di burocrate e barone universitario ) a questo rischia di portarci. Dell’uomo
Monti Mario non voglio parlare, non voglio parlare della sua stupefacente
conferenza stampa nella quale s’è addirittura paragonato a De Gasperi. I deliri
di onnipotenza hanno bisogno di psichiatri adeguati, non di commenti, mentre
l’acquisto di voti con i soldi dello Stato hanno bisogno di Magistrati veri,
non di fantocci mascherati con la toga.
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MAGISTRATI IN
POLITICA
E’ lecito, è corretto, è costituzionalmente ammissibile che un
individuo
, un Magistrato, che ha vinto un concorso solo per “ amministrare la giustizia
in nome del popolo italiano “, di tutto il popolo italiano, sfrutti la notorietà ottenuta con le
inchieste giudiziarie sulla classe politica per partecipare alla prossima
campagna elettorale per entrare in Parlamento ? E’ lecita, è costituzionalmente
corretta la ripetuta affermazione che anche un Magistrato “ abbia tutto il
diritto di sottoporre le proprie idee al giudizio del popolo sovrano”?
Entrambe le domande sono poste in
maniera sbagliata.
Perché il vero problema sta a monte di
entrambi i quesiti: se per Costituzione Parlamento e Magistratura sono fra loro
autonome ed indipendenti, allora non è ammissibile che i due ordini diventino due
vasi comunicanti. Per di più con uno dei
due “vasi” ( il Parlamento) anticostituzionalmente ridotto su un piano inferiore al primo ( la Magistratura)
con le modifiche apportate all’articolo 68.
La notorietà mediatica non viene
regalata dalla stampa a “tutti” i Magistrati, ma solamente a quelli che
promuovono iniziative, anche se con accuse false, “contro politici”. La storia è prodiga di
prove in tal senso : ad iniziare da Violante,
praticamente la” cara guida” del mega processo” contro la politica” , iniziato
con il processo Andreotti . Proseguiamo con Di Pietro e con D’Ambrosio, rispettivamente il “fuciliere” del
plotone di esecuzione giudiziario, comandato da D’Ambrosio, assoldato per ammazzare leader e partiti politici avversari del PCI. Entrambi
infatti sono entrati in Parlamento grazie alla riconoscenza ( o prezzo
convenuto) del PCI/ DS per il lavoro
sporco eseguito con l’esecuzione chirurgica della DC e del PSI. Passiamo poi a Michele Emiliano, oggi Sindaco di Bari che era il P.M. sull’inchiesta “ Arcobaleno” contro Barbieri e D’Alema,
il quale dopo aver condotto quell’inchiesta con estrema lentezza,pensò bene di
abbandonarla per accettare la proposta del PCI di D’Alema di diventare il candidato
Sindaco di Bari in quota PCI. Emiliano
dovette dimettersi dalla Magistratura, così quell’inchiesta “ Arcobaleno”, già
in avanzato stato di “ prescrizione” ( alias “decomposizione”), assegnata ad
altro P.M., dovette ricominciare daccapo e “santa prescrizione fu”. Cito ancora Luigi De Magistris , un vero fallito, parlando professionalmente .
Ma ha “ costruito “ inchieste “da prima
pagina ”, come l’inchiesta “ Poseidone”
lanciata nel maggio 2005 contro diversi
politici ( Cesa, Frattini,
Chiaravallotti, Basile ecc) e finita nel nulla assoluto. Come l’inchiesta “Why Not “ iniziata il 18 giugno 2007 e finita il 21 gennaio 2012 quando il GUP del
Tribunale di Roma rinviò a giudizio
Luigi De Magistris e Gioacchino Genchi con l'accusa di aver acquisito nel
2009 in modo illegittimo i tabulati telefonici di alcuni parlamentari, ma
capace di mettere comunque in crisi il Governo di Romano Prodi. Oggi è il caso di Antonio Ingroia , già sostituto procuratore a Palermo
dal 1992 con quel Gian Carlo Caselli
che era il braccio armato di Luciano
Violante nel ricordato “ processo alla politica “. Da circa venti anni conduce processi
connessi alla malavita organizzata ed ai contatti con la politica e le
istituzioni. Non ricordo una sua inchiesta che abbia condotto all’arresto di un
mafioso, ma solo processi “ contro lo Stato” e “ contro certi partiti
politici”. Ricordiamo il processo contro
Bruno Contrada , il processo contro
il Generale dei Carabinieri Mario Mori,
contro il senatore del PdL Marcello
Dell'Utri. Il 24 luglio 2012 in merito all'indagine sulla Trattativa Stato-Mafia, ha chiesto il rinvio a
giudizio di 12 indagati famosi mentre il
5 dicembre scorso aveva definito “ una sentenza politica” la decisione
della Consulta a favore della Presidenza della Repubblica in merito al conflitto di competenze tra il Quirinale e la Procura di Palermo. Ora sembra deciso a cogliere al volo
l’occasione delle prossime elezioni politiche per sfruttare la sua notorietà di
Magistrato per entrare nel Palazzo. Il requisito della “ assoluta
consapevolezza ” da parte dei Magistrati è fin troppo evidente per starne anche
a discutere.
Pierluigi Bersani dixit: "Piero Grasso è un simbolo della legalità".
Nulla da dire sul curriculum dell'ormai ex Procuratore nazionale Antimafia. Il
Pd ha la medaglietta della legalità. Ma le cose non sono così trasparenti come vorrebbero
che credessimo. Il 29 e 30 dicembre in tutta Italia si vota per le
"parlamentarie" di Pd e Sel. E a dare un'attenta occhiata alla lista
dei candidati qualcosa non torna. Il Pd e Bersani non stanno facendo proprio di
tutto per portare la legalità nel nuovo parlamento. Infatti fra i candidati del
Pd alle parlamentarie ci sono quei nomi che non ti aspetti e che stridono
fortemente con le promesse del segretario. Tra i candidati ci sono condannati,
prescritti, indagati e rinviati a giudizio. Non male per un partito che chiama Piero Grasso a fare il capolista. A
Messina c'è la candidatura di Francantonio
Genovese, indagato per abuso d'ufficio e al centro di una polemica per una
rete familiare piazzata negli enti di formazione regionale. Qualche chilometro
più a sud, ad Enna c'è la candidatura di Vladimiro
Crisafulli che è sotto inchiesta per abuso d'ufficio. Se si va verso nord
le cose non cambiano. All'Aquila tra i candidati spunta Giovanni Lolli, rinviato a giudizio per favoreggiamento,
prescritto. A Potenza invece c'è Antonio
Luongo, rinviato a giudizio per corruzione. Antonio Papania invece, candidato a Trapani, ha patteggiato la pena
per abuso d'ufficio. Infine c'è anche Andrea
Rigoni a Massa Carrara che si è beccato una condanna in primo grado per
abuso edilizio, ora prescritta. Tutti questi nomi non sono alla prima
esperienza in politica. Non sono al primo tentativo, ma sono tutti deputati
uscenti, già eletti a Montecitorio nelle file del Pd. Non basta dunque un Piero
Grasso per dare una sciacquata alla gioiosa macchina da guerra e munirsi di un arbre magique
dell'antimafia e della legalità.
Lo scandalo non è costituito, secondo alcuni, dai magistrati che entrano in
politica, ma dal fatto che i magistrati
entrino in politica con il paracadute dell’aspettativa. Cioè con
l’assicurazione che il giorno in cui decideranno di ritirarsi dall’agone
politico per stanchezza, disillusione o perché semplicemente trombati , potranno tornare a
vestire la toga come se nulla fosse successo. Ed, anzi, grazie al fatto che la
carriera dei magistrati è automatica e procede per anzianità, ritrovarsi con
una funzione, un ruolo ed, ovviamente, uno stipendio superiori a quelli
lasciati a suo tempo per l’avventura politica. Si dirà che tutti i funzionari
pubblici godono dell’aspettativa. E che i magistrati usufruiscono di un diritto
acquisito che riguarda l’intera pubblica amministrazione e non può essere
considerato come una sorta di privilegio distintivo della casta delle toghe.
L’osservazione
pare giusta, invece è
sbagliata, perché parziale. Non tiene
conto cioè della singolare pretesa dei
normali cittadini di essere giudicati per le proprie azioni che rientrano nelle
fattispecie dei codici penali e civili in maniera equanime. E non prende
minimamente in considerazione il bizzarro timore degli stessi cittadini normali
che un magistrato rientrato in carriera dopo un periodo trascorso come un
esponente politico di parte possa inquisire e giudicare non in maniera equanime
ma condizionata dall’esperienza consumata sui banchi parlamentari. Perché mai
queste singolari pretese e questi bizzarri timori della stragrande maggioranza
degli italiani debbono soggiacere di fronte ad un pretestuoso e fantomatico “
diritto acquisito” dei magistrati e dei
funzionari pubblici di godere dell’istituto dell’aspettativa che garantisce
loro carriera, posti e stipendi? Nessuno a sinistra è mai stato in grado di
fornire una risposta credibile a questo fondamentale interrogativo. Una ragione
dunque ci sarà. Ma a sinistra hanno sempre opposto che non si capisce per quale curiosa ragione i
Magistrati dovrebbero rinunciare al comodo paracadute offerto loro dalle norme
per conservare ed accrescere la propria personale sicurezza economica e sociale.
In questa considerazione non fa neppure capolino un qualsiasi accenno al tema
della pubblica moralità. Che a quanto pare vale e deve valere per chiunque
decida di interrompere il proprio mestiere per dedicare una fase della propria
vita all’attività politica. Ma non vale e non può valere per chi fa il grande
salto con garanzia di ritorno all’indietro dalla magistratura al Parlamento.
Così si riduce il Parlamento ad un albergo ad ore.
Perché se si osa sollevare il tema della pubblica moralità nei
confronti di chi indossa la toga si rischia
l’accusa di attentare alla indipendenza ed all’autonomia di quella particolare
categoria della pubblica amministrazione che per misteriose ragioni
costituzionali ha stipendi intoccabili anche dai tagli di spesa imposti dalla
superiori ragioni morali della pubblica austerità. Sollevare la questione
morale sul paracadute dell’aspettativa dei magistrati, invece, è assolutamente
necessario. Perché se è impossibile modificare per legge il privilegio delle
toghe si può e di deve almeno avviare una azione di pressione morale sui
magistrati decisi a entrare in politica affinché decidano autonomamente di
rinunciare ai privilegi che danneggiano la giustizia e la loro stessa
credibilità. In fondo che ci vuole? Basta che invece di chiedere l’aspettativa
rassegnino le dimissioni. Tutti e subito. Anche Grasso, Ingroia, Dambruoso, per dire. Ma
basta?
Dunque
accusare tutti costoro di avere sfruttato la notorietà acquisita sui media con
soldi dei contribuenti è validissima. Ma nessuno di costoro è stato mai portato
a giudizio civile per una causa di illecito arricchimento o similare. Nulla
c’entrerebbe poi la “ impunità civile dei Magistrati “, imposta con la
famosa Legge Vassalli che vanificò il
plebiscitario referendum popolare che la voleva introdurre perché non sarebbe
legata ad una “ mala giustizia” ma ad una situazione di fatto relativa alla
carriera del Magistrato, peraltro anche “successiva” che dunque sorgerebbe solo
al momento dell’effettiva discesa in campo politico del Magistrato. Non credo,
dunque, che costoro abbiano, come recita la vulgata, tutto il diritto di
sottoporre le proprie idee al giudizio degli elettori. Né ritengo compensativo
l’ incassare la critica delegittimante di usare il prestigio e l’autorevolezza
derivanti dalla sua attività di magistrato per entrare a far parte della casta
politica fino a ieri così tanto inquisita e disprezzata.
Il caso Grasso, Ingroia, Dambruoso, ecc però, non è affatto isolato.
Accanto ad
esso si sta manifestando un caso analogo altrettanto scandalosamente
inopportuno. Il caso in questione è quello del governo tecnico, a cui era stato
affidato il compito di sostituire non solo un governo politico ma la classe
politica in genere e che invece si prepara ad entrare in campagna elettorale con
liste che ad esso fanno riferimento. Il tutto con l’obbiettivo dichiarato di
togliere voti ai partiti grazie ai quali ha governato per un anno di seguito. Anche
in questo caso nessuno può negare il diritto a partecipare alle elezioni
ai ministri del governo Monti ed allo
stesso presidente del Consiglio. Quest’ultimo, ad esempio, può sempre
dimettersi da senatore a vita per ottenere l’investitura popolare a succedere a
se stesso nella prossima legislatura. Ma tacere sulla inopportunità di una metamorfosi così radicale, come fanno i
commentatori dei grandi media del paese, appare decisamente vergognoso. Perché
accanto alla inopportunità di un governo tecnico che doveva salvare il paese
dalla politica e che decide di diventare politico per perpetuare se stesso, c’è
anche una questione istituzionale di non poco conto. Può garantire l’imparzialità delle istituzioni in una delicatissima
fase elettorale un governo che diventa concorrente diretto delle forze
politiche in campo? Il governo in carica è un esecutivo che deve la propria
nascita e la propria sopravvivenza proprio a quella caratteristica tecnica che
ne avrebbe dovuto garantire la terzietà rispetto ai partiti della maggioranza e
della stessa opposizione. Ma se questa caratteristica di fondo, cioè la terzietà,
scompare, ed il governo tecnico diventa politico decidendo di collocarsi in
favore di alcune liste e contro altre, perché mai all’esecutivo dovrebbe essere lasciato il compito
di gestire le prossime elezioni? Solo per consentire ai vari
ministri tecnici decisi a diventare politici a tempo pieno di sfruttare a fini
elettorali la notorietà, l’autorevolezza ed i privilegi che vengono loro dal
ruolo governativo? Sarà il caso che qualcuno risponda a tali interrogativi. Ed
è opportuno che questo qualcuno sia proprio il presidente della Repubblica,
Giorgio Napolitano, che ha “inventato” la “soluzione Monti” e che oggi ci deve spiegare per quale ragione i cittadini
italiani dovrebbero avere la sensazione di partecipare ad una campagna
elettorale in cui le istituzioni non sono affatto al di sopra, ma una delle parti in campo. Presidente,
aspetto con ansia il suo attacco logorroico di fine d’anno per vedere se ci
risponde o se preferisce svicolare.
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NAPOLITANO, MONTI, FORNERO
DENUNCIATI.
Un giornalista, un ex collaboratore
di “ Report” di RAI3 e della Gabanelli, Paolo Barnard, ha denunciato, insieme
all’avvocato Paola Musu ,Mario Monti e Giorgio Napolitano per
il “golpe finanziario” di fine 2011. Questo blog riporta la tesi ipotizzata dal
giornalista : il Ministro Elsa Fornero, quella che piangeva in pubblico annunciando il taglio delle
pensioni, in realtà avrebbe lavorato da anni proprio per consegnare al mercato
finanziario privato ( bancario), il
patrimonio delle pensioni pubbliche italiane, aggravando così anche il deficit
dello Stato. Sarebbero già un migliaio
le denunce, sottoscritte in tutta Italia: Napolitano – di cui Barnard chiede
l’impeachment in Parlamento avrebbe dovuto difendere l’Italia dall’attacco
speculativo dello scorso anno. Invece, il capo dello Stato «non solo ha mancato nel suo compito supremo
– lo accusa l’ex inviato di “Report” – ma
è stato e continua a essere pienamente complice del sovvertimento democratico
ad opera dei mercati finanziari e dell’Eurozona». Parla da solo, aggiunge il
giornalista, il caso sconcertante di Elsa Fornero, da anni al servizio del
sistema pensionistico privato.
Uno sguardo al curriculum della ministra più
detestata d’Italia aiuta a farsi un’idea: dal 1999 è stata nel Cda di Ina
Assicurazioni, Fideuram Vita, Eurizon Financial Group. Poi vicepresidente della
Compagnia di San Paolo e del consiglio di sorveglianza di Intesa SanPaolo,
quindi nel board di Buzzi Unicem Spa e direttrice di Allianz Spa. In pratica:
un virtuale conflitto d’interessi vivente, nel momento in cui entra a far parte
del governo Monti, dove – con un reddito dichiarato di oltre 400.000 euro, il 6
dicembre 2011 annuncia subito la riforma delle pensioni italiane, che al 50%
non superano i mille euro mensili e al 27% non vanno oltre i 500 euro. «Una riforma incostituzionale – accusa
Barnard – nonché una truffa, già
riconosciuta dai mercati stessi».
La riforma ammazza - pensioni entrerà
in vigore nel 2013. “Business Online” la commenta così: «Pensioni sempre più
lontane e sempre più esigue, a causa del nuovo meccanismo che adeguerà alle
aspettative di vita i coefficienti di trasformazione in rendita e i requisiti
di età». Esempio: chi oggi guadagna sui 2.500 euro, potrebbe prenderne solo 688
di pensione. Inoltre, aggiunge “Business Online”, «per avere una pensione dignitosa, il lavoratore
dovrà aver versato nel corso della sua vita lavorativa almeno 300-400 mila euro
di contributi, come spiegato da molti esperti». Sembra infatti che la pensione
integrativa privata «possa essere l’unica via di uscita per riuscire a
mantenere lo stile di vita una volta conclusa l’attività lavorativa».
La ministra, “emissaria” diretta dei colossi
finanziari che gestiscono fondi pensionistici privati, vanta una strettissima
“osservanza”di ogni tipo di diktat proveniente da quel mondo. Nel 2000, prende
nota di una “raccomandazione” per l’Italia emessa dai tecnocrati dell’Ocse in
cui la Fornero siede a fianco di Mediobanca, Generali, Invesco e Ing. Tema:
estensione del sistema contributivo. Dieci anni dopo, sarà la stessa
super-lobby “Business Europe” a rivolgere una “raccomandazione” agli Stati
dell’Eurozona, per «mettere in relazione l’effettiva età pensionabile con
l’aspettativa di vita»; indicazione che, una volta ministro, la Fornero
trasformerà subito in legge. «Elsa
Fornero – commenta Barnard – sa
perfettamente da anni che l’affidare alla capitalizzazione le nostre pensioni è
devastante per i conti dello Stato. E sa oggi che la previdenza privata è
fallimentare per le tasche dei pensionati, ma tace».
Già nel 2000, al convegno “Scenari sulla previdenza privata e
pubblica” promosso da Mediobanca, la Fornero concordava con l’economista Franco
Modigliani:
“perverso” il sistema previdenziale obbligatorio pubblico, meglio che venga
«completamente rimpiazzato dalla capitalizzazione». Sin da allora, secondo
Barnard, la Fornero era un tecnico dichiaratamente in conflitto d’interessi con
la Costituzione, che all’articolo 41 impone che l’attività economica sia
indirizzata e coordinata a fini sociali. «Impossibile che gruppi finanziari con
interessi speculativi per centinaia di miliardi e che rispondono solo agli
investitori possano perseguire fini sociali». Inoltre, e ancor più grave –
aggiunge Barnard – Fornero e Modigliani ammettono in quel consesso privato che
l’auspicata riforma delle pensioni in senso privatistico «non solo peggiorerà
per decenni i bilanci dello Stato», ma «questa catastrofe di impoverimento
nazionale dovrà essere ripianata dalle famigerate Austerità delle tasse, che
devastano il paese produttivo e i redditi». In altre parole: «Al fine di
portare immensi capitali pensionistici nelle casse dei gruppi di
capitalizzazione, Fornero già nel 2000 era disposta a causare l’Economicidio
dell’intera nazione».
Oggi circola in tutti gli ambienti della previdenza integrativa
privata, italiana e internazionale, l’ultimo rapporto del Covip, un organo di
controllo nazionale delle previdenze. Che rivela fatti sconcertanti:
a fine 2011, il totale investito nelle previdenze integrative private italiane
era già di 90,7 miliardi di euro. Il 58% di questi contributi versati dai
lavoratori è stato investito in titoli di Stato internazionali relativamente
sicuri, ma il 42% rimane investito in finanza ed equities, notoriamente ad alto
rischio. «Si sappia che solo nel primo
anno e mezzo della crisi finanziaria – rileva Barnard – negli Usa sono scomparsi nel nulla 2.000 miliardi di dollari di
pensioni sudate una intera vita dagli americani». Altra sigla sconosciuta
ai più, quella di Mefop Spa, società per lo sviluppo del mercato dei fondi
pensione, fondata nel 1999. Soci: Allianz, Intesa SanPaolo, Unipol, Generali,
Unicredit. Missione della lobby: sviluppare la previdenza complementare,
privata.
Oggi,
rivela Barnard, il ministero dell’economia detiene la maggioranza assoluta
delle azioni di Mefop Spa. Cioè: «I pubblici
amministratori delle nostre vite economiche, tenuti all’assoluta imparzialità
dalla Costituzione italiana, sono azionisti di maggioranza di una lobby di
speculatori previdenziali privati. E non poteva mancare il solito nome: nel
1999, nel comitato scientifico di Mefop Spa sfoggiava lei, Elsa Fornero».
Che, da allora, non ha mai allentato l’impegno per la privatizzazione delle
pensioni, indebolendo la previdenza pubblica. Nel 2003 a Bruxelles presenta un
dossier al Ceps, il Centre for European Policy Studies, gruppo controllato
dalla American Chamber of Commerce e dalla City of London. Sponsor dell’evento:
Allianz, con 392 miliardi di dollari in gestioni finanziarie, ed European
Federation of Retirement Provision, che è la top-lobby delle pensioni
integrative in Europa con 3.500 miliardi di euro in gestioni finanziarie. Nel
marzo 2010, continua Barnard, la Fornero è all’European Policy Center per la
conferenza “Challenge Europe 2020”, dove sostiene, testualmente, che «il
metodo più efficace per prevenire l’impoverimento della terza età è di farli
stare di più al lavoro, sia riportando più anziani al lavoro che alzandogli
l’età media pensionabile». Nei mercati del lavoro “flessibile”, per
Elsa Fornero, «i redditi devono stare di pari passo con la produttività:
crescono normalmente fino all’età media, e calano quando il lavoratore si
avvicina alla pensione». Principi, osserva Barnard, che «rasentano l’incubo di
un regime socialmente nazista: si auspica esplicitamente che l’anziano sia
forzosamente riportato al lavoro, che gli si impedisca di godere del diritto al
riposo e che, dopo una vita di lavoro per il paese, lo si penalizzi nel reddito
in quanto non più macchina produttiva per il profitto, in una logica che lo disumanizza».
Oltre «all’abominio intellettuale di questa “sicaria” dell’Economicidio sociale», secondo Barnard si
ravvisa l’ennesima violazione della Costituzione, che all’articolo 36
garantisce il diritto a una pensione equa e “in ogni caso sufficiente ad
assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”.
Ovvero: la Costituzione non ammette che, a parità di qualità e quantità di
lavoro, vi possa essere una discriminazione di reddito in base all’avanzamento
dell’età. Ma Elsa Fornero non demorde, e spesso compare al fianco di
Assogestioni, la struttura di Domenico Siniscalco che arriva a gestire 974
miliardi di euro di investimenti. Al Salone del Risparmio dell’aprile 2012, con
tutti i big della finanza presenti (nonché lettere di plauso di Monti e Napolitano),
la Fornero rassicura il settore privato: «Qualsiasi lavoro finanziato da fondi
pubblici è escluso», chiarisce. Problema: «Per i fondi pensione privati il
bicchiere è ancora mezzo vuoto»? Niente paura: «Il governo farà la sua parte».
I gruppi finanziari sponsor e
partecipanti a quell’evento, fa notare Barnard, assommano interessi di
speculazione finanziaria che raggiungono una cifra impossibile da calcolare per
via delle dimensioni inimmaginabili. Ad ascoltare le parole di Elsa Fornero
c’erano Aberdeen, Bnp Paribas, Invesco, Eurizon Capital, Jp Morgan Asset
Management, Pioneer Investments, Credit Suisse, Morgan Stanley, Pimco, Ubs,
Fineco, Deutsche Bank, Natixis, Hsbc, Unicredit e molti altri, di pari stazza
mondiale. E non è finita. Un mese dopo, i leader italiani della promozione
finanziaria sono all’Unione Industriali di Torino: Banca Fideuram, Banca
Generali, Finanza & Futuro Banca, Ubi Banca Private Investment, Assoreti.
Tema centrale, “il contributo delle reti di promotori finanziari allo sviluppo della
previdenza complementare in Italia”. In apertura, Elsa Fornero avverte: «Dalla
riforma delle pensioni non si torna indietro».
E arriviamo al fatidico novembre 2012, con la massima assise
mondiale
dei fondi pensione privati, il World Pension Summit di Amsterdam. Sponsor
planetari, che portano sul tavolo olandese interessi finanziari per un totale
di 2.798 miliardi di euro, cifra di quasi mille miliardi superiore al Pil
italiano, ma divisa in nove gruppi privati: Pensioen Federatie, Fidelity
Worldwide Investment, Mn, Deloitte, Skagen Funds, Delta Lloyd Group, Adveq,
Ing, Jp Morgan Asset Management’s. Elsa Fornero è fra i relatori, unico
ministro delle politiche sociali: in quella sede, sostiene Barnard, la
professoressa torinese «compie quello che è forse l’atto di ammissione più grave
della storia della Repubblica italiana». In una convention a porte
chiuse, la Fornero dichiara che le modifiche
all’attuale sistema previdenziale «erano necessarie per compiacere i mercati
finanziari, altrimenti ci sarebbero state conseguenze devastanti per il paese».
Giù la maschera, siamo alla
capitolazione definitiva: «Lo Stato
non esiste più, Monti e la Fornero lavorano per i mercati violando la
Costituzione come mai dal 1948 a oggi». Per Paolo Barnard, «il
colpo di Stato finanziario che ha posto definitivamente fine alla sovranità di
Camera e Senato è una realtà», e pertanto «l’indegno presidente della
Repubblica Giorgio Napolitano va messo in stato d’accusa dal Parlamento per
alto tradimento». Semplicemente sconcertante, per il giornalista promotore
dell’economia monetaria democratica formulata da Warren Mosler, che un ministro
lavori – ormai apertamente – per dirottare sul mercato privato le pensioni
pubbliche, come vogliono le potenti lobby da cui la stessa Fornero proviene.
Barnard chiede che il “golpe” finanziario finisca sotto processo, cominciando
da «due delle più indegne figure della storia democratica italiana», ovvero «la
sicaria dell’Economicidio italiano e lobbista dei gruppi finanziari Elsa
Fornero» nonché «l’ex comunista Giorgio Napolitano, già lungamente compromesso
coi poteri forti del Council on Foreign Relations americano dagli anni ‘70».
Dovranno «rispondere, a noi cittadini, dell’immane danno alla democrazia».
Si attendono con una certa propensione
ad accettare “ il teorema accusatorio” ulteriori novità sull’argomento. Non dai
soliti giornali, che le ometteranno certamente, come hanno taciuto quello che
questo blog ha or ora riportato. Ma Internet, a chi vuole davvero informarsi, è
prodigo di verità.
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A TUTTI UN FERVIDO AUGURIO PER
UN NUOVO ANNO CHE RIVEDA L’ESERCIZIO
DELLA SOVRANITA’ POLITICA DA PARTE DEL POPOLO ITALIANO.
Gaetano Immè
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