UNA COSA E’ IL DISSENSO,
ALTRA COSA E’ L’ESECUZIONE DELL’AVVERSARIO POLITICO.
E’
l’ABC del grande imbroglio, anzi il MABC, un acronimo che non indica
Alfano, Bersani e Casini ma le vittime delle esecuzioni giudiziarie eseguite dai giannizzeri
giustizialisti di sinistra,degli avversari politici in era repubblicana e cioè Andreotti – morto ieri -, Craxi, morto
da tempo , Aldo Moro , morto anch’esso da tempo e Berlusconi, la cui pubblica
impiccagione è imminente, a Palazzo di
Giustizia di Milano si sta allestendo il patibolo. Nell’imbarazzante
compiacimento di un popolo ormai ridotto ad un esercito di indottrinati da più
di mezzo secolo di “ scuola e di Università di Stato”, dalla “ cultura di Stato”, guidato da
arruffapopoli, tromboni, retori ,
ciarlatani, ormai maestri nello spacciare i loro deliri antidemocratici, le
loro utopie , le loro rabbie, i loro odii, le loro invidie come fossero verità
assolute e così fomentando fanatismo politico
violento, ribellismo da strapazzo e da liceo, annunciando false catarsi
, apocalissi e redenzioni onde blandire
energumeni e masse ormai ridotte a vivere per un solo cibo:l’odio del nemico
politico.
Andreotti non è morto ieri, ma è stato “ferito a morte” da killers impuniti già il 27 marzo del 1993 quando un
Magistrato ideologizzato – come lo è sempre stato quel Giancarlo Caselli da studente e da Magistrato iscritto a M D–
con il fattivo contributo di altro Magistrato politicizzato come Violante ,
scatenò contro il divo Giulio la Procura di Palermo e quella di Perugia sulla
base di due teoremi: per la Procura di Palermo Andreotti era d’accordo con la
mafia, per quella di Perugia era il mandante dell’ omicidio di Pecorelli. A partire dal 1968 ed ancor prima con la denuncia delle «trame» del
Palazzo da parte di Pier Paolo Pasolini, scuola, cultura e giustizia,
egemonizzate e dominate dal PCI al quale avevano aderito, volenti o nolenti,
tutti gli intellettuali fin dall’immediato dopo guerra ( per opporsi
all’oscurantismo clericale che una riprovevole Chiesa imponeva alla DC
degasperiana come prezzo del suo
appoggio di consenso ) avevano prodotto generazioni
convinte di dover cambiare il mondo e di dover abbattere i santuari, fra i
quali la Democrazia cristiana e i suoi inossidabili esponenti occupava un posto di spicco. Sia Gian Carlo Caselli
che Violante sono due , fra le tantissime prove viventi , di magistrati
politicizzati, nei quali all’ordine della Costituzione ( il Magistrato deve
applicare la Legge ed ha l’obbligo di essere ed apparire terzo) è stato
surrettiziamente sostituito quel “ libero convincimento del giudice” che è un
principio non solo assente ma del tutto contrario al dettato costituzionale. Ammassato
fra i resti di un passato democratico
nelle botteghe dei rigattieri il
principio di terzietà del magistrato, abbiamo assistito , silenti e vili, al crollo
del principio di divisione tra i poteri dello Stato moderno. E’ avvenuto con
Tangentopoli, primi anni novanta. Iniziata questa stagione forse proprio con la
lotta al terrorismo e poi con quella alla mafia, la dinamica dell’interventismo
della Magistratura negli ambiti che non le sono consentiti costituzionalmente ,
sta proseguendo inarrestabile. Dopo Moro, dopo Craxi, dopo Andreotti, anche Berlusconi
o chiunque altro strappi il consenso popolare al PCI ed ai suoi eredi anziché
perder tempo ad abbatterlo per via politica e democratica parlamentare , opera
che è fuori delle capacità della sinistra italiana fin dal 1948 , va eliminato
fisicamente anche a colpi di sentenze e di teoremi . Ma le sentenze hanno
bisogno di prove certe e qui nasce la tragedia del sistema giudiziario italiano che
, in mancanza di “ prove certe” per giustificare comunque condanne e sentenze che
gridano vendetta , finisce per favorire il reo e a non tutelare più le vittime. La
responsabilità politica di questo stato di cose è solamente e tutta del PCI e
dei suoi eredi , che l’ha promossa per
via legislativa fin dal 1948 ( anzi dal ritorno in Italia di Togliatti) ed
anche, perché no, di chi non ha saputo contrastarla nella sede più consona,
cioè quella parlamentare. È bene ricordarlo: i giudici applicano la Legge e se
questa è strutturata in maniera tale da essere facilmente aggirata la responsabilità
non è certamente la loro.
C’è sempre l’ideologia comunista dietro le grandi
tragedie italiane. Basta pensare che dal 1948 ad oggi non esiste un
“caduto emblematico ” di sinistra, ma esistono tanti caduti emblematici “non di
sinistra” massacrati sempre e solo dalla sinistra. Da Aldo Moro , assassinato
dopo un vero e proprio processo alla Democrazia cristiana da parte delle
Brigate Rosse, per aver corrotto il PCI di lotta seducendolo con il
centrosinistra in partito di governo, a
Craxi e ad Andreotti tutti colpevoli
, al contrario di ghettizzare il PCI e di escluderlo dal comando del Paese. Insomma
chi osa sfiorare il PCI muore, sia se vuole farlo governare sia se vuole
esautorarlo. Ecco come sono state radicate da questa “cultura di Stato” alcune teorie ( il
dietrologismo ) secondo le quali ci fosse il potere politico avverso al PCI ed ai suoi
eredi dietro qualunque misfatto: stragi
di Stato, mafia, servizi segreti, P2. Con la P2, colossale balla di un magistrato,
senza un solo condannato (sarebbe stato difficile, essendovi fra gli iscritti,
il generale Dalla Chiesa,
il giornalista Roberto Gervaso, il giornalista Maurizio Costanzo,il comico
della RAI Alighiero Noschese), cominciò
l'interventismo giudiziario, per riconoscere i metodi del quale dovrebbe essere
letta nelle Università italiane la sentenza di Cassazione che proscioglie tutti
gli imputati dall'accusa di associazione segreta e da ogni altra responsabilità
penalmente rilevante.
Così, dopo Tangentopoli , la fine di Craxi e quell’orrenda impunità per il
PCI che grida ancora vendetta, arrivò anche il turno di Andreotti, che non poteva essere colpito
per corruzione o per finanziamenti illeciti o per un arricchimento personale o
con motivazioni etiche. Andreotti non era certo un ideologo della DC, non aveva
il carisma e le progettualità politiche di un
Fanfani o di un Moro, era piuttosto un suo guardiano, inamovibile ma assolutamente incapace di qualsiasi forma
di demagogia. E così come recita anche il Vangelo oltre che Craxi, occhio per
occhio, a brigante brigante e mezzo, c’è la legge del contrappasso nel fatto che a colpire Andreotti ,
l’antidemagogo, fu proprio quella corporazione di privilegiati, la
Magistratura, nella quale, da un bel pezzo, la più pura demagogia ha trovato i
suoi preclari campioni . Sono coloro che , ormai da più di quaranta anni e
specialmente negli ultimi trenta, a suon di ridicoli teoremi giudiziari,
testimonianze fasulle, pentiti subornati, falsi
ed anche ricattati, utilizzando come mezzo di tortura fisica la
carcerazione preventiva , processi arbitrari quanto dispendiosi, sentenze
precostituite ed inique , tutte dirette ad accreditare la tesi complottista
secondo la quale la storia politica del nostro Paese è una storia criminale ,
cercano di ostacolare e di impedire ogni
sviluppo della vita politica del nostro Paese.
L'azione fu gestita dalla Procura di Palermo, il dito sul grilletto era di
Giancarlo Caselli all’epoca P.M. in quella Procura , la regia fu di
Violante. Giulio Andreotti fu accusato di tutto: di associazione mafiosa e di
assassinio. Ieri quelle accuse hanno imperversato
per tutta la giornata su internet e
soprattutto sui social network che hanno vomitato odio , livore, infamie,
diffamazioni, ripescando le storie di quegli anni senza possibilità di
contraddittorio e dando per verità assodate le congetture di quei magistrati. Giornali come il Fatto Quotidiano,
paladini e “nuovi bravi manzoniani” di
una schifosa ed incivile Italia
giustiziera della notte , hanno parlato del processo distorcendo la verità. E’
un Paese incivile questa Italia che
scambia la diffamazione ed il discredito con il dissenso politico. Vorremmo tanto
spacciare questo momento per un momento di pacificazione dopo gli ultimi venti
anni di guerra giudiziaria , quando invece Andreotti è vittima , anche da morto
, dell'odio.
Tanto era cambiato dal ’68, ma non era cambiato Giancarlo Caselli, il pubblico ministero, che, come
tutti noi, da studente all'università, da militante comunista , aveva sempre
visto Giulio Andreotti come il «grande vecchio» che aveva costretto il PCI a
stare a cuccia per tanti anni e non
poteva certo lasciarsi sfuggire l'occasione di poterlo fucilare, da magistrato
e dunque avendo anche la certezza della propria impunità assoluta. Il processo palermitano
ad Andreotti ed allo Stato doveva essere
esemplare, simile a quello
rivoluzionario che portò all’esecuzione di Aldo Moro. Ma questa volta non c’ erano le
Brigate Rosse, non c’era chi era pronto a premere il grilletto in nome di una
ideologia, Andreotti doveva essere fucilato, ma previa condanna da un vero e proprio
tribunale della Repubblica italiana, con tanto di pubblici ministeri e di giudici
veri. E quali erano, andavo a quel tempo ripetendomi, le “prove” contro Andreotti? Il famoso bacio tra Andreotti e Riina a casa di uno dei
Salvo, altro che “apostrofo roseo messo tra le parole “io t’amo”? O la sua fuga
a Terrasini , alla guida di una Panda,
per vedersi con un mafioso, quando Andreotti non aveva neanche la
patente? Ed ancora: perché Andreotti doveva essere processato a Palermo ,come
capo corrente di un partito, quando tutta l'attività politica di quel partito si
era svolta a Roma e dato che il suo collegio elettorale era stato in Ciociaria?
Nessun Tribunale, men che meno quello di Palermo, ha dato risposte esaurienti a
queste mie semplici domande. Mi sembrava di rivivere le assurdità del processo
Tortora, ogni momento mi dicevo che ogni limite era stato superato, e pure il senso del ridicolo. Ma mi
sbagliavo: tutto era maledettamente vero.
Alla fine quello stesso Tribunale,
quella stessa Procura di Palermo, lo stesso Caselli e lo stesso Violante non
riuscirono a
dare un minimo di credibilità, non dico di certezza, alle loro accuse .
Andreotti doveva essere assolto e fu assolto. Ma la grande presa per il culo
doveva continuare, the show must go on, perciò fu studiata una formula assolutoria che non poteva essere
più ambigua al fine di non svergognare Gian Carlo Caselli, Volante e la Procura
di Palermo . Fu scritto in quella sentenza , onde poterla utilizzare come un
bastone contro chi osasse criticare quell'indifendibile pubblico e falso
accusatore- cioè lui, Gian Carlo Caselli, non altri - che i reati contestati a
Andreotti fino al 1980 erano comunque prescritti e che lui risultava assolto
soltanto per quelli che gli erano stato attribuiti dal 1980 al '92. Una vergogna
giudiziaria forse peggiore della sentenza Tortora. Una sentenza messa su per
non sconfessare Gian Carlo Caselli, l’ex rivoluzionarietto da strapazzo, lo studentello arrogante
divenuto arrogante ed impunito magistrato, pieno di odio e livore anziché di
terzietà e di umanità. Ma chi ha testa
, legge una sentenza profondamente ingiusta e insensata. Perché ciò che è
prescritto non può essere considerato reato, in assenza di quella verità
giudiziaria che si definisce soltanto con il dibattimento che, a reati
prescritti, non vi fu. Dunque meschina formula
di un meschino Tribunale , quello di Palermo, asservito ad un teorema
politico e non alla verità giudiziaria. E intanto Andreotti assolto, con
riserva, era già morto. E oggi nel coro dei melensi, dei falsi, degli ipocriti
, di quelli che fingono di rimpiangerlo e lo onorano, mancano le scuse e il pentimento di quelli che
lo avevano accusato fantasiosamente e ingiustamente in nome della lotta
politica. Quindi non della giustizia.
=============Roma mercoledì 8 maggio 2013
Gaetano Immè
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