LA GRANDE STAMPA O LA BANDA
DEI 4+4?
Ieri riesumavo ricordi lontani ma indelebilmente impressi nella mia memoria e così replicando al Dr
Antonio Polito, che bacchettava nel suo editoriale sul Corriere della Sera del 5 u.s.
Silvio Berlusconi invitandolo a sparire dalla circolazione, sono
riandato con la memoria agli anni novanta del secolo scorso, anni decisivi per
il Paese. Era esplosa , con la impetuosità del fenomeno carsico trattenuto
sotto terra dal consociativismo immobilista e corruttore della Prima
Repubblica, Mani Pulite; sarebbe
terminata la Prima Repubblica; sarebbe iniziata seconda repubblica e, con essa,
il nuovo “frontismo” muscolare, destra da una parte e sinistra dall’altra, come negli anni quaranta e cinquanta del
secolo scorso, perché a questo duello rusticano è stato poi ridotto il tanto auspicato e decantato bipolarismo italiano. Né poteva essere
altrimenti per una ragione semplicissima: lo tsunami giudiziario di Mani Pulite
aveva trucidato giudiziariamente solo i
partiti democratico liberali ( quindi la DC di centro destra, il Psdi, il Pil
,il Psi, il Pri) e le loro nomenclature , mentre l’unica classe dirigente che sopravvisse , per
grazia ricevuta , a quell’eccidio, fu quella del Pci, alla quale i vari D’Ambrosio, Di Pietro, Colombo, Borrelli ecc. avevano
elargito uno speciale “ lasciapassare penale”che deve essere ,però, rinnovato annualmente . E così, inebriati dall’impunità
raccattata a prezzo di successivi ricatti – e vedrete tra breve come sappia di sale lo
pane altrui e come scotti la sedia dove si impancheranno senza indugio i vari
Veltroni, D’Alema,Salvi, Occhetto, Folena, Napolitano,ecc . -- furono costoro e
la loro “ stampa organica” ad interpretare la nuova stagione bipolare , ma come
se l’Italia fosse ormai “ cosa loro”, una prateria di voti a disposizione della
sinistra comunista , campo sgombro da concorrenti ormai cadaveri : così, la stagione
che avrebbe dovuto regalarci una democratica forma di governo dell’alternanza fu tramutata , grazie al circo mediatico
giudiziario e giornalistico - davanti all’imprevedibile ed inattesa vittoria di
Forze Italia nel 1994 che ruppe tutti i denti della gioiosa macchina da guerra
del Pci di Occhetto - in una lotta senza
quartiere contro l’intruso, contro l’usurpatore , contro il popolo rozzo ed
incolto che aveva votato Berlusconi, una lunga stagione ventennale dove nella quale la grande stampa ha sempre
ostacolato di diffondere quel massimo principio democratico di riconoscere il nemico politico come
legittimato a governare il Paese in caso
di sua vittoria, sconfitta sempre presentata invece come un affronto , come una inammissibile rinuncia, non importa se
temporanea, alla conquista del potere
assoluto sull’Italia, che era diventato l’unico scopo del
vecchio Pci, orfano ormai sia dell’alibi
della guerra fredda che della protezione politica e finanziaria
staliniana . Mentre dunque la nuova
formazione politica del centrodestra imboccava anche se stentatamente la strada del bipolarismo occidentale (
Inghilterra, Usa, Francia ed il suo Presidenzialismo sono altra cosa anche se simile) s’è venuta scontrando con quell’oscuro
coacervo di torbidi interessi che univa la grande stampa, i suoi giornalisti in
un apparato mediatico ordito dalla vecchia nomenclatura comunista a disposizione,
per ricatti, per intimidazioni, per i rinnovi annuali di quel lasciapassare
giudiziario, della Magistratura
politicizzata. S’è perciò scatenata ì quella che chiamiamo “ la guerra
dei venti anni”.Che ruolo ha avuto, che ruolo hanno recitato in tutto questo la stampa, la
televisione, i giornalisti? Hanno svolto
il loro ruolo nel rispetto pieno
dell’articolo 21 della Costituzione? Hanno informato sui fatti senza rendersi complici di
operazioni di disinformazione o, peggio, di mistificazione, di alterazione
delle realtà? Vediamo.
Con dichiarazioni,mai smentite, di Antonio Polito
(nel 2005, all’epoca dei fatti a “La Repubblica” diretta da Scalfari ) e di Piero Sansonetti ( all’epoca dei fatti
a L’Unità diretta da Veltroni ) , da me
rammentate nello scorso numero do questo Blog “L’opinione”,è fatto storicamente accertato e
scontato che fin dai primi anni di
Tangentopoli( parlo degli anni 1992,1993 ) si fosse creato una incredibile ,
gigantesca, torbida commistione fra la
grande stampa ed il Pool di Mani Pulite, allo scopo di drogare ed indirizzare l’informazione
annebbiando i lettori e presentando i provvedimenti nel modo che più fosse gradito tanto al Pool di Milano
quanto a quei giornali, ai loro editori ed alle carriere di chi vi lavorava .Venne
ribattezzata come “ la banda dei 4”, in relazione al numero dei giornali
implicati. Successivamente fu ribattezzata anche “ la banda dei 4 + 4 “, non
per scimmiottare il complesso musicale di Nora Orlandi, quanto per sintetizzare
come di quella banda , oltre che quei quattro giornali ( con intuibili effetti a
cascata sulla stampa minore ) , i loro
giornalisti, i loro direttori, i loro editori, vi facessero parte , in
posizione di “boss” e di “protettori”, i “magnifici quattro del Pool di Mani
Pulite: vale a dire Borrelli, Di Pietro, Colombo, D’Ambrosio. Insomma i quattro grandi giornali: La
Repubblica, La Stampa, Il Corriere della Sera e L’Unità avevano stretto, inizialmente
grazie ai propri cronisti giudiziari, un patto , che definire criminale mi pare
una carineria ipocrita , con i Magistrati di quel Pool .Si erano praticamente venduti a quella
Magistratura che stava diventando la padrona dell’Italia : è sotto gli occhi di tutti quanto abbiano
tutti costoro ricevuto in cambio. Altro
che i trenta denari. Lo vedremo a suo tempo. Solo pochi ma chiari esempi.
Il 5 marzo del 1993 , Governo Amato, Conso
Ministro della Giustizia,in piena bufera di Mani Pulite, cerca di trovare una
soluzione politica , una via d’uscita per evitare non solo lo scempio davanti
al mondo civile degli arresti con telecamere accese e schiavettoni ai polsi ma sopra tutto il facile ricorso alla
carcerazione preventiva, che era la vera ignobile tortura di quel periodo. Il
Governo Amato (DC - PSI - PSDI – PLI)
vara la soluzione politica per
Tangentopoli proprio il giorno 5 marzo del ’93, con il Decreto Conso.Il decreto
era un provvedimento equilibrato e auspicato, tanto che era d’accordo anche il Pci . Da un lato
depenalizzava il reato di “ finanziamento illecito ai partiti “, prevedendo
sanzioni amministrative e la restituzione allo Stato del triplo delle tangenti
oltre, com’era ovvio, a comminare l’interdizione dai pubblici uffici come pena
accessoria (dai tre ai cinque anni). Corruzione e concussione rimanevano
ovviamente reati perseguibili
penalmente, ma varava una sorta di
“patteggiamento” per questi reati , prevedendo anche sconti sulla pena che
avrebbero potuto anche evitare la
galera. Scalfaro, Presidente della Repubblica, aveva dato il suo consenso al
testo del decreto , avendolo esaminato nel precedente week end. Conso ed Amato,
forti dell’assenso di Scalfaro,inviano il decreto al
Quirinale per la firma del Presidente. Ma accadde quello che in nessun Paese
civile è mai accaduto: forti di quel consenso popolare bulgaro che la “ banda dei 4 “ aveva costruito nel Paese ( Di Pietro era diventato “La
Madonna”) intorno a quei quattro Magistrati, il loro Procuratore Capo, Saverio Borrelli, si
intromise , di sera alle rituali otto e mezza, in tutte le case degli italiani e bollò quel decreto “ non s’aveva da
approvare”.
Riporto le testuali parole di Piero Sansonetti riguardo al decreto Conso : ” Noi all’Unità
avevamo pronto un editoriale di un dirigente del Pds che approvava quel
decreto. Alle rituali sette della sera toccò a me – continua Sansonetti – fare il consueto
giro di telefonate con direttori e caporedattori. Fu deciso dai direttori che
il decreto Conso andava affossato. Chiamai Veltroni – che non era a Roma – e lo
informai. Mi diede il via libera a scrivere un editoriali contro il decreto
Conso. Il giorno dopo tutti e quattro quei giornali ( Repubblica, La Stampa, Il
Corriere della Sera , L’Unità) avevano tutti l’editoriale contro il decreto. Il
Presidente della Repubblica O.L.
Scalfaro non firmò il decreto, Conso lo ritirò. “ A sua volta conferma
Antonio Polito: “ In quel clima ci bastò scrivere “ decreto salva ladri “ed il gioco era
fatto: interpretammo ed indirizzammo l’opinione pubblica”.Il decreto Conso era considerato un
giusto decreto da tutti i partiti, sopra tutto dalla sinistra. Ma distingueva
tra “ corruzione” ( da sanzionare) e “finanziamento irregolare o illecito “ (
che quel decreto intendeva depenalizzare).
Questo avrebbe significato che quella Magistratura di Milano non avrebbe potuto
più eseguire arresti clamorosi, davanti alle telecamere e, sopra tutto, avrebbe
significato , per quei Magistrati, perdere una notevole arma di ricatto e di
intimidazione nei confronti della politica. Ecco perché quel decreto andava
distrutto. Anche il Presidente Scalfaro venne meno agli accordi, non
firmò il decreto, facile spiegare questo suo voltafaccia ricordando come sia
stato sotto minaccia della Magistratura per la faccenda dei 100 milioni al mese
incassati senza rendiconto. Diciamo che Scalfaro si allineò, forse come ex magistrato,
all’ordine perentorio ( essere chiari è un bene) di quel Pool. A sua volta il Governo, che avrebbe potuto ripresentarlo
fregandosene delle minacce dei Magistrati, non lo fece, gli scheletri nell’armadio
lo rendevano succube di quel manipolo di magistrati, anzi, meglio aver paura
che buscarle, lo ritirò definitivamente.
E così fu, grazie alla stampa. Se
si pensa a come sarebbe cambiata la storia dell’Italia se il decreto Conso
fosse stato approvato vengono i brividi. Intanto così la storia d’Italia è
cambiata, così è morta la prima Repubblica. Come giudicare col metro
giudiziario quell’accordo fra i grandi giornali? Una folle violazione dell’articolo 21 della
Costituzione? Una incredibile invadenza nella sfera politica dei poteri forti
che erano gli editori di quei giornali? E, a questo proposito, che ci faceva
“L’Unità”, pur sempre un foglio di partito, in mezzo alle tre corazzate della
grande informazione popolare? Per la sua
definizione giudiziaria vedo una vera e propria
associazione per delinquere finalizzata ad annebbiare la testa dei
lettori in aperta violazione dell’articolo 21 della Costituzione. Per quanto invece riguarda la presenza de
“L’Unità” fra quei grandi giornali d’informazione , invece, la risposta alla
mia precedente domanda è semplice: L’Unità ha fatto da reggicoda, da cavaliere servente alla Magistratura , così da
catturarne la benevolenza e salvare dalla scure di Mani Pulite i propri funzionari e dirigenti ( Greganti, Veltroni D’Alema,
Napolitano, ecc) ed i propri “industriali organici” ( Romiti e la Fiat,
Agnelli, De Benedetti Carlo, ecc). I cronisti giudiziari sono diventati ,
grazie alla stagione di Mani Pulite e grazie alla popolarità ottenuta grazie
all’accordo con quei Magistrati ( si pensi agli arresti preannunciati e ripresi
con le telecamere) , tutti importanti giornalisti. Vedi il Dr Antonio Polito,
premiato addirittura con un seggio senatoriale per la Margherita( sempre
sinistra è, sta nel P.D. con i soliti noti: D’Alema, Veltroni,Napolitano, De
Benedetti) ed oggi addirittura
editorialista del Corriere della Sera. Guardate Paolo Mieli , premiato da RCS
con la direzione. Guardate Ezio Mauro,
direttore de “La Stampa” proprio in quegli anni di fuoco, assurto alla
direzione di “Repubblica”. Come dimenticarsi poi di Brosio, quel cronista
televisivo che praticamente viveva (mangiava, dormiva, faceva i suoi bisognini)
sempre davanti al Palazzo del Tribunale di Milano, diventato poi una specie di
star televisivo. Tutti felici e contenti, meno che Piero Sansonetti: la sua
onestà intellettuale di confessare l’imbroglio, di sputare, seppure
tardivamente, il rospo gli è costato l’ostracismo, il ripudio della sinistra: infatti non lo trovi a
L’Espresso o a La Repubblica, no! E’ stato spedito al confino: a” Calabria
Ora”. . La banda dei 4+4 aveva sconfitto il popolo, si era imposta alla
volontà di un governo eletto democraticamente, il messaggio era limpido: non vi
illudete di poter governare il Paese come volete voi, vi abbiamo e vi teniamo
tutti sotto tiro. Avete letto come è stato facile, per la banda dei 4+4 ?
Bene, ma attenzione : questi continuano ancora oggi.
Il 26 maggio 1993 , due mesi e mezzo dopo la vittoria della banda dei 4+4 sul decreto Conso, avviene la mossa cruciale di tutta la stagione di Mani Pulite. Non si tratta di arresto clamoroso, né di qualche avviso di garanzia, no, si tratta semplicemente del primo regolamento di conti all’interno della banda dei 4+4. Come nei sistemi mafiosi viene ricompensato il “ picciotto d’onore” che ha permesso al “ capobastone” di affermarsi sul territorio, così , aprendo “L’Unità” del 26 maggio 1993 ecco materializzarsi il salvacondotto penale a favore del Pci, dei suoi dirigenti, dei suoi portaborse ( tipo Primo Greganti) e, soprattutto, degli industriali “organici” al Pci. Perché l’intervista del Procuratore Dr. Gerardo D’Ambrosio era assolutamente inattesa ed impensata. Gli arresti, gli avvisi di garanzia, il terrore giudiziario infuriava e la gente, che aveva visto crollare sotto le inchieste giudiziarie tanti partiti politici corrotti s’aspettava ormai che il Pool completasse il lavoro, che andasse a colpire anche il Pci, che facesse, in sostanza , quello che diceva di voler fare: una totale pulizia. D’altra parte nella foga di pubblicare tutto, nella veemenza nel divulgare anche interrogatori che pure avrebbero dovuti essere riservati, erano usciti su stampa e televisioni diverse testimonianze – tipo quelle di Maurizio Prada, tesoriere della DC lombarda e di Luigi Carnevale, suo omologo per il Pci – era ormai cosa scontata e pacifica che le tangenti venissero divise per un terzo ciascuno fra DC, PSI e Pci e che, per la precisione, dentro il Pci si addivenisse poi ad un’ulteriore suddivisione di un terzo per la corrente dei “ miglioristi” e di due terzi per il resto del partito. Erano poi in corso sia l’inchiesta su Primo Greganti sia quella su Cusani per Enimont dalle quali erano emerse non solo la faccenda del “ conto Gabbietta” intrattenuto dal Pci in Ticino, ma anche il famoso miliardo di lire che Gardini ed il suo autista testimoniarono di aver materialmente portato dentro gli uffici di Botteghe Oscure. E invece il Dr D’Ambrosio, quel 26 maggio del ’93, comunicò al mondo intero la volontà del Pool di Milano di concedere ai vari Occhetto, D’Alema, Veltroni, Greganti, etc la più totale ed assoluta impunità .- E lo fece proprio scegliendo, fra i quattro giornali, quell’Unità che era solo un giornale di partito. Così quando D’Ambrosio, in quella intervista ,comunicò che “ a grandi linee l’inchiesta su Tangentopoli era finita”, finita spiega ancora D’Ambrosio “ nel senso che quel che doveva emergere nel filone affaristico politico è venuto fuori”, quando oltre al Greganti, oltre a Montedison e Gardini col suo miliardo, erano stati sottoposti ad inchiesta in tutta Italia esponenti locali e nazionali del Pci, il quadro dell’imbroglio, la fotografia della guerra giudiziaria ma chirurgica per colpire “ solo” gli altri partiti era evidente. Come, per esempio, non ricordare come il Magistrato Tiziana Parenti avesse inviato un avviso di garanzia a tesoriere del Pci, senatore Marcello Stefanini? E come avrebbe potuto il Pci spiegare che, proprio subito dopo Tangentopoli il partito sia stato costretto, per mancanza di fondi, a vendere l’immobile di Botteghe Oscure, a licenziare quasi tremila dei suoi quasi 5.000 funzionari ed a ridurre poi “L’Unità” alla miseria se non per aver vissuto con le tangenti in questione? Così quando il P.M. Parenti mette le mani su Stefanini e su Greganti, D’Ambrosio ed il Pool tutto improvvisamente si ricordò che vi era stata una riforma del codice di procedura del l’89 che consentiva al P.M. di raccogliere le prove anche per l’accusato. Una cosa mai avvenuta, ovviamente, in precedenza, quando alla faccia della Costituzione che obbliga la responsabilità penale ad essere solo personale, col famoso teorema del “ non poteva non sapere” quello stesso Pool aveva sempre messo sotto processo non una singola persona fisica, ma un sistema. Dallo studio delle carte D’Ambrosio trasse spunti che nemmeno l’avvocato del Greganti avrebbe osato. Scoprì che nello stesso giorno in cui Greganti aveva prelevato quei seicento milioni dal conto Gabbietta in Svizzera, lo stesso Greganti aveva comprato una casa a Roma, con rogito notarile nello stesso giorno. Era la prova, ma solo per D’Ambrosio, che Greganti rubava dei soldi per sé e non per il Pci. La richiesta di archiviazione del procedimento contro Stefanini, avviato dalla Parenti, fu affidata ad un GIP della stessa Procura, il Dr Italo Ghitti, il quale godeva di una fama “opaca” perché firmava ed avallava qualsiasi richiesta provenisse dal potente Pool. Così avvenne per Greganti che scontò tre mesi di galera per non aver confessato di aver acquistato “ a nero” un appartamento, l’inchiesta fu archiviata, Ghitti chinò il capo, Parenti abbandonò la Procura di Milano ed addirittura la stessa Magistratura. Si dette alla politica. Il Pci era salvo. Una parte del debito di riconoscenza era stato pagato. Una parte, perché la Magistratura ha salvato il partito ma lo ha sempre tenuto sotto tiro. Come la storia successiva ed anche quella attuale dimostra. Non è forse proprio il P.D. che difende lo statu quo della Magistratura opponendosi ad ogni riforma? Siamo in pieno “Il Gattopardo”, dove “ tutto cambi affinché nulla cambi”. Ma la storia di Greganti non convinse , quasi un anno dopo, un Ufficiale della Guardia di Finanza che , nel 1994, Filippo Mancuso, Ministro di Giustizia del Governo Dini, spedisce a Milano per indagare. Così quell’ufficiale scopre che la tesi di D’Ambrosio non reggeva in quanto si basava su una temporalità assurda: risultava dagli atti che Greganti era stato in Banca , in Svizzera, a prelevare quei soldi dal conto Gabbietta la mattina e che nello stesso giorno ed alle 09,30 aveva poi stipulato il rogito col Notaio presso un’Agenzia del Monte dei Paschi di Siena. Era dunque chiaro che i soldi pagati alle 9,30 al Notaio dentro quella agenzia del Monte dei Paschi non erano gli stessi che Greganti aveva ritirato dal conto Gabbietta in Svizzera. E dove stavano quei soldi? Ovvia la risposta: nelle capienti casse del Pci. La stampa, quella stampa, si mostro, come al solito, una complice perfetta e precisa. Semplicemente ignorò tutto questo, lo nascose alla pubblica opinione. Così il Pool di Milano non volle più indagare oltre su Greganti, neanche dopo la scoperta in questione. Osservate: ecco cosa vuol dire il potere che deriva ai magistrati dall’obbligatorietà dell’azione penale , senza alcun controllo. Gerardo D’Ambrosio è ormai Senatore fisso del P.D., i debiti di gioco si pagano, come anche il pizzo. E siccome a tutto c’è un prezzo, a far pagare un piccolo prezzo a D’Ambrosio ci ha pensato un oscuro Sindaco. Il 21 maggio 2012 su proposta dell'associazione ODV Ethos, il consiglio comunale di Santa Maria a Vico, sua città natale, gli ha negato la cittadinanza onoraria. In fase di discussione, conclusa con 10 voti contrari, 4 favorevoli alla cittadinanza onoraria di D'Ambrosio e 2 astenuti, il sindaco sammariano, Alfonso Piscitelli, ha dichiarato: “Anche se D'Ambrosio è un nostro illustre cittadino riteniamo non abbia volato troppo in alto, non sia stato al di sopra delle parti”.
Il 22
febbraio del 1998 è una domenica , ma non ostante la festività è entrato in scena il “ Corriere della Sera”
per recitare la sua parte, per dare il suo contributo al grande imbroglio, come
avveniva da sempre e come ancora avviene. A Palazzo Chigi c’era Romano Prodi, Massimo D’Alema era il
Presidente della Bicamerale che avrebbe dovuto riformare l’assetto
costituzionale del Paese, compreso l’ordinamento giudiziario. La Bicamerale
vedeva seduta anche Forza Italia che collaborava alla stesura . Qualcuno
ricorderà della così detta “ bozza Boato”, dal nome di un Senatore che aveva
sintetizzato gli accordi bicamerali, specie per quanto concerne la
Magistratura. Intendiamoci, erano già spariti i due Csm, non si parlava più
neanche di divisione delle carriere fra requirenti ed inquirenti, né di
limitare l’azione penale legandola al singolo P.M.. Ma anche questa
minimizzazione non andava bene ai potentissimi magistrati i quali chiamarono,
come d’uso, i loro complici della informazione ( sarebbe ora di definirla
controinformazione o mistificazione dei fatti) e sferrarono l’attacco. L’intervista
che Giuseppe D’Avanzo, allora al Corriere della sera, fece al Dr Gherardo
Colombo uscì con un titolo che era tutto un programma:” Le riforme ispirate
dalla società del ricatto”. La tesi esposta da Colombo era ideologica: negli
ultimi anni della storia repubblicana –
afferma Colombo – la storia dell’Italia è fatta di accordi di sottobanco, di
patti occulti, così l’Italia parte dal ricatto. Il ricatto ha pervaso come metastasi
tutto il paese e tutti gli italiani, meno che la Magistratura perché, spiega
Colombo, “ variabile non organica a quel sistema consociativo. E siccome la
Magistratura può spezzare quei patti quando vuole, ecco perché stanno cercando
di attentare all’indipendenza della magistratura. Inutile commentare la tesi,
fragile, falsa e ideologica, ma il messaggio che Colombo e la grande stampa
mandano al Paese è acqua di fonte: la magistratura vi tiene sotto tiro e vuole
le mani libere per continuare ad esercitare il “ controllo della legalità”.
Dunque non fate quelle riforme altrimenti……Tremò D’Alema che interpretò quell’intervista
come uno “ stai attento, ce n’è anche e soprattutto per te, perché ti abbiamo
già regalato sei anni di impunità, ma se scocci te la revochiamo. Ora sappiamo
tutti come D’Alema rovesciò il tavolo della Bicamerale, appunto per farla
saltare, come è stato. Ma per eseguire gli ordini della Magistratura, alla
quale la stampa aveva dato ancora un contributo di enorme importanza. Fu dunque
colpa della stampa tutta se quella
brodaglia sotto culturale che invischiava buona parte del popolo italiano, i
lettori della grande stampa, indottrinati, indirizzati, ammaestrati da questi truffatori
della credulità popolare si ritrovò a
seguire la così detta “ opera di pulizia e di legalità” di quella Magistratura.
Come accadrà per l’Italia dei Valori e per il partito stesso dei Magistrati (
partito di Ingroia, Il Fatto, Micro Mega, etc) dietro quell’apparente
intransigenza si nascondeva una sorta di Stato etico, uno stato che separava i
buoni, cioè i Magistrati, dai cattivi, cioè tutti coloro che vivevano nel
peccato, una sorta si “ sin city”. Era la concezione medioevale di uno stato
etico, poliziesco, uno stato che ti spia dal buco della serratura,che guarda la
vita degli individui solo come attività inquisitoria e giustizialista. Un mondo
sotto culturale infantile, penoso, fatto di soldatini etero condotti, come i
fiaccolatori che si tenevano per mano.
Ho tralasciato
moltissimi altri episodi, ma quei pochi che ho rammentato bastano ed avanzano
per chiedere che diavolo di Paese sia l’Italia. Perché ho visto affibbiare un
mese di galera a Sallusti, Direttore del Giornale, per aver scritto un articolo
con la sua opinione su un fatto vero, mentre le storie che ho raccontato non
hanno suscitato nessuna reazione. Ma è giusto così: hanno organizzato ormai il
Paese come volevano loro. A misura di sottocultura giustizialista , ignobile,
talebana. Hanno disinformato, indirizzato, indottrinato il Paese facendo del popolo
italiano un popolo di ideologizzati, di indottrinati. I grandi giornalisti
complici di questo colossale imbroglio ai danni del popolo sono tutti ormai
grandi editorialisti, direttori, roba da alto loco. La loro coscienza? Tace,
state tranquilli. Qualcuno ha anche l’ardire di risentirsi se tiro fuori la sua
storia , addirittura anche l’arroganza di insultare, anche su Twitter. Diceva
bene Totò, quando fotografava la figura dell’accattone cialtrone scriveva “ da i soldi coi interessi,
a sera va a cantina, tiene pure a seicento, tre cammere e cucina” e concludeva “
pe fa chillu mestiere nce vò la faccia tuosta”.
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
Roma
martedì 10 settembre 2013
Gaetano
Immè
Nessun commento:
Posta un commento