Un'opinione sulla politica, sulla cultura, sulla società e su ciò che interessa. Persegue un intento propositivo indicando le varie modifiche della Costituzione o una nuova Costituzione, con l'implicito invito ad un franco confronto su temi di comune interesse Nazionali.
sabato 25 luglio 2015
IMPOSTA SUL CAPITALE? UNA DUPLICAZIONE CHE GRIDA VENDETTA
Il discorso che segue è “ anteriore” alla costruzione di ogni tipo e forma politica di società. Sto parlando della società, diciamo, primaria, dell’uomo. Parto dunque dalle nostre origini, com’è giusto che si faccia, quando si deve discutere di “ordinamenti regolatori” dell’attività sociale , come quello fiscale, senza farsi condizionare dalle degenerazioni cui scelte politiche, folli e demenziali, ci hanno condannato.
Dichiaro subito di essere profondamente contrario ad ogni forma di “ imposta sul capitale” , quando vige la “ imposta personale sul reddito” e tanto più gli sono ferocemente contrario quando, come in Italia, vige pure “ l’imposta personale progressiva sul reddito”, per il semplice fatto che ogni “ capitale” è frutto di una “ scelta personale” sul reddito che ciascun essere umano produce per il sostentamento suo e della sua famiglia.
Introdotta nella Francia social comunista di Mitterrand nel 1981 dunque ancora prima che venisse poi ancor di più rafforzata la progressività dell’imposta personale, essa deriva dalla ossessiva “ falsa mitologia emotiva ” che la dottrina social comunista ha profuso a piene mani , dal 1919 in poi, nelle menti degli europei e degli italiani in particolare. Essa imposta sul capitale , per il pensiero comunista, sarebbe necessaria perché essendo “ non egualitaria già la distribuzione del reddito “ , ne conseguirebbe che la “ ripartizione del capitale” sarebbe ancora di più “ non egualitaria”.
Ma le cose non stanno affatto come vorrebbero darci da bere i social comunisti.
Basta osservare due individui che partendo da un reddito identico , l’uno risparmia e l’altro no: colui che privilegia “l’astensione dal consumo” – cioè privilegia non distruggere la ricchezza – e che oggi paga una identica “ imposta sul reddito” con l’altro, domani e dopo domani, una volta che quel risparmio sia divenuto “ capitale” dovrà pagare una imposta sul capitale che è il raddoppio di quelle (imposte sul reddito) che ha già corrisposto e pagato nel tempo.
La evidente duplicazione di imposizione” è solo l’aspetto più marcato e grossolano dell’arbitrarietà e della irrazionalità di questa “ imposta confiscatoria”. Non esiste alcuna “ disuguale ripartizione del capitale” anche perché non esiste una società nella quale hanno tutti la stessa età nello stesso momento . Questa lapalissiano constatazione legittima come assolutamente liberale e condivisibile e spontanea sia la disuguaglianza fra i diversi patrimoni . L’evidente “frattura del ragionamento social comunista” sta nel non considerare affatto l’uomo nella sua singolarità e peculiarità, vogliono farci credere che non ci sarebbe alcuna differenza fra la ripartizione dei patrimoni e quella dei redditi , se si tenesse anche conto dei singoli individui e delle loro peculiarità.
Insomma il social comunismo ha diffuso e profuso una enorme menzogna : che la “ diseguaglianza” sia percepibile solo “ a livello di capitale risparmiato” e non altro. Una enorme baggianata, una incredibile panzana che, però, ossessivamente ripetuta e diffusa ad un popolo disastrato dalla guerra, rozzo ed incolto oltre che affamato e straccione, ha ottenuto una fideistica approvazione, tramutatasi poi in una accidiosa invidia sociale, che i molti e maggioritari “ cicaloni” nutrono nei confronti delle minoritarie “ formichine”.
Si capisce ora il vero motivo che spinge l’ideale social comunista a perorare la causa di questa imposta aberrante e confiscatoria: perché troverà sempre il beneplacito della maggioranza che dalla confisca predatoria sui beni della minoranza otterrà privilegi e sostentamento senza fare alcuna fatica.
Questo è il grande, immenso incredibile “ conflitto di interessi” o “ voto di scambio” o scegliete voi con quale altro reato tutto questo sia configurabile, usato a piena mani dal 1945 in poi dal pensiero social comunista .
Immaginando il “cazzeggio” di sottofondo che le tante “ animucce belle, sante ma tanto, tanto paracule ” bisbigliano fra di loro davanti a questo quadro sociale - dandosi di gomito, unico modo per godere di una approvazione alle proprie sciocchezze sul welfare e sull’assistenza – dico subito che in questa libera società non è prevista nessuna forma di “ solidarietà coatta ed imposta” che le animucce belle, sante e paracule – ma tanto paracule - invocano, perché essa è una forma “ confiscatoria e delinquenziale” delle risorse altrui, che nulla ha di etico o morale ( per essere frutto di una imposizione di stampo totalitario ; per essere un alibi comodo con il quale una èlite politica si assicura la gestione di altrui risorse, oltre le imposte, con le quali foraggiare e mantenere le proprie cliente assistenziali e parassitarie pagandone il voto politico; per non offrire mai un diretto riscontro della “ vera fine” che fanno quei fondi truffaldinamente estorti ) . Dunque chi impone simili modi da schiavista non ha alcun diritto di farci lezioni di etica.
In una società primaria ogni forma di assistenza è esclusivamente spontaneistica e volontaria, diretta e senza alcun bisogno di intermediazione politica, essa è spontanea, personale, senza contropartita come quella che si offre ai vecchi ed ai bambini nella propria famiglia.
Certo per i social comunisti questo è un metodo “ rozzo e fascista” o per lo meno “ reazionario”. Sapete perché? Perché non gli consentirebbe di foraggiare le sue collusioni con i mafiosi e con la delinquenza della corruzione , come a Roma, come a Palermo. Come in tutta Italia.
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