QUELLO SCANNATOIO DI MANI PULITE.
CRONACA DI UNA TRUFFA GIUDIZIARIA, COMMESSA DAL POOL DI MILANO, PER SALVARE IL PCI
CRONACA DI UNA TRUFFA GIUDIZIARIA, COMMESSA DAL POOL DI MILANO, PER SALVARE IL PCI
Parte Prima
Mani Pulite esplode il 17
febbraio del 92, dopo soli 16 giorni dal verdetto della Cassazione sul maxi processo di Palermo, del 30 gennaio ‘92. Per
istruire le “pezze d’appoggio” che un tale tsunami giudiziario presupporrebbe (documenti
probatori, registrazioni, deposizioni, riscontri, eccetera) ci sarebbe voluto
almeno un anno di intenso lavoro.
Invece a scoperchiare lo scandalo delle tangenti non fu né l’Ing. Mario Chiesa né
il Pool di Mani Pulite, bensì un anziano cronista del “Giorno”, tale Nino
Leoni, con le sue denunce sulla gestione corrotta del Pio Albergo Trivulzio, che
spinsero il P.M. di turno, il Dr.
Antonio Di Pietro, a chiedere ed ottenere dal GIP Dr Italo Ghitti l’autorizzazione
a “monitorare” con intercettazioni telefoniche e ambientali il Pio Albergo
Trivulzio
Si era nel mese di fine settembre del 1991.
Insomma solo una registrazione telefonica, nessuna indagine
giudiziaria, a svelare tutto il
colloquio fra l’Ing. Mario Chiesa, Presidente del Pio Albergo Trivulzio ed
esponente di spicco del Psi milanese oltre che persona di fiducia di Bettino
Craxi ed il signor Luca Magni, un politico locale della Brianza, del Msi e poi
di AN, titolare di una piccola impresa di pulizie, il quale, nel corso di alcuni
colloqui con il Dirigente della “Baggina”, nel mese di settembre – ottobre del
1991, concorda con l’Ing. Mario Chiesa di pagare 14 milioni di lire come
tangente per assicurarsi l’appalto annuale pulizie alla Baggina di 140 milioni.
Gli accordi prevedono la consegna di 7 milioni per il 17 febbraio 1992 ed
il resto dopo i primi tre pagamenti da parte della Baggina.
Luca Magni mastica amaro e nel novembre del 91 si decide: rinuncia al
contratto per la sua impresa e denuncia tutto alla Procura di Milano.
La sua denuncia trova di turno proprio lo stesso P.M. Antonio Di Pietro.
A Milano si è formato, da tempo, il Pool, composto da magistrati legati al
Pci: Borrelli, D’Ambrosio, Davigo, Colombo, Di Pietro.
Il Pci di Occhetto, orfano del regime sovietico e dei suoi munifici finanziamenti illegali, con lo
spauracchio dell’inchiesta del magistrato russo Valentin Stepankov, che stava
per incriminare persone e società “ organiche al Pci” per il famigerato
“riciclaggio dell’oro di Mosca”, ridotto allo stremo delle forze, aveva dovuto
“licenziare” qualche cosa come 5.000 dei suoi dipendenti e vendere la storica
sede centrale di Via delle Botteghe Oscure a Roma per sopravvivere e, politicamente, stava mollando
al suo destino la vecchia classe operaia
e “stava trovando” il suo nuovo “Papa
esterno” negli Usa, democratici, di Clinton e degli oscuri hedge Funds, che lo
sosterranno e lo foraggeranno , caduto l’Urss, si era trasformato nella “gioiosa macchina da
guerra”, si sentiva ormai la vittoria
elettorale in tasca.
Le elezioni politiche si terranno ad aprile del 1992, ma intanto il Psi di
Craxi stava facendo una spietata campagna elettorale usando la ormai imminente
sentenza definitiva al maxi processo di Palermo (30 gennaio 92) come la
vittoria del Psi sulla mafia, mentre Falcone, non un uomo, né un Magistrato, ma
– allora – un vessillo, dopo aver sfruttato il Pci per fare carriera in
Magistratura, faceva ormai parte del Psi di Craxi
L’occasione, per la prossimità delle elezioni politiche, era troppo ghiotta
Nasce così, in questo “brodo politico”, una trattativa e un accordo, un
patto fra il Pool di Milano ed il signor Luca Magni: Magni
accetta di “fare da esca” e il Pool lo premia derubricando il capo di
imputazione da “corruzione” (quale doveva essere) a “concussione” ossia Luca
Magni diventa la vittima dell’Ingegner Chiesa e non il complice, quale è stato.
E il 17 febbraio del 92 il pubblico ministero Antonio Di Pietro chiede e
ottiene dal Gip Italo Ghitti un ordine di cattura per l'ingegner Mario Chiesa,
presidente del Pio Albergo Trivulzio e membro di primo piano del PSI milanese.
Così si organizza la “sceneggiata” famosa dell’arresto di Mario Chiesa,
così le banconote della prima tangente sono state fotocopiate in Procura, una
ogni dieci è firmata dal P.M. Antonio Di Pietro e dal capitano dei carabinieri
Roberto Zuliani.
Con Chiesa in carcere e senza possibilità di potergli parlare, sotto la
esasperata pressione mediatica di quell'arresto, Craxi volle ancora
prendere il giro l’opinione pubblica italiana, ormai tutta allarmata dai fatti corruttivi
emersi, e rilasciò quella famosa intervista nella quale affermò “il
primo a rimanere vittima di questo mariuolo di Chiesa, sono proprio io, Craxi”.
Così che quando al Chiesa, detenuto, venne riportato quello che Craxi aveva
detto di lui, il Chiesa si sentì abbandonato e tradito, e inizio la sua
vendetta.
Cominciò a denunciare, a vuotare il sacco.
E andò avanti per un anno e qualche mese, ma sempre dietro denunce di
Chiesa e poi con “l’abuso della carcerazione preventiva” (Chiesa ha fatto il
tuo nome, io ti arresto, ti mando a San Vittore e se tu fai il nome di un
altro, io libero te e metto in cella il nuovo e così via)
Serviva costruire uno scandalo, per far partire quel “colpo di Stato o
l’ultima diversa azione sovversiva” creata dal potente Patto di Varsavia – che
verrà sciolto solo nel 1995 - per eliminare definitivamente tutti gli avversari
politici del Pci/Pds.
Ecco perché voi ancora la chiamate “Mani Pulite”, mentre quello fu solo uno
“scannatoio” dove sgozzare i nemici del Pci/Pds
.
L’Italia era
in piena campagna elettorale e quell'arresto di Mario Chiesa spalancava, al
Pci/Pds, una vera e propria autostrada, sgombra da ostacoli, con la quale
giungere alla agognata vittoria elettorale.
Il Pci/Pds non
aspettava altro, visto che da pochi giorni, dal 30 gennaio ’92 appunto, aveva subito un pesantissimo k.o. politico dal Psi di Craxi e Martelli, il quale, con
la complicità di Giovanni Falcone e della vecchia mafia di Buscetta, stava
raccogliendo messe di consensi elettorali sbandierando la sentenza della
Cassazione sul maxi processo di Palermo come fosse “la vittoria del Psi sulla
mafia”.
Per cogliere
al balzo l’opportunità di sbaragliare gli avversari politici con le accuse di
tangenti, il Pci/Pds avrebbe dovuto però mettere a tacere tutti coloro che
conoscevano tutte le sue collusioni con il mondo mafioso non solo siciliano, ma
anche russo e americano. La “nuova mafia” corleonese non aveva alcun interesse
a screditare il Pci/Pds, anzi aveva ottimi motivi per sostenerlo, dato che
stava “intermediando” con il Pci stesso nel favoloso riciclaggio dell’oro di
Mosca.
Alla resa dei
conti, il Pci poteva essere ricattato solo da tre uomini, ossia da Lodovico Corrao, Vito Guarrasi e Salvo Lima.
Lodovico Corrao era un senatore del Pci e dunque era un “militante” pronto
a sacrificarsi per il Pci. Ne aveva data già ampia prova quando si immolò per
corrompere sfacciatamente l’On Santalco, nel 1960, con 100 milioni di lire
affinché sostenesse ancora il Governo Milazzo (destra e sinistra al Governo,
appunto).
Vito Guarrasi, avvocato e persona controversa e sfuggente, a soli ventisette
anni - durante la Seconda Guerra Mondiale – divenne il referente di Eisenhower
in Algeria, per poi essere tra i protagonisti nell'armistizio di Cassibile, poi
uomo cardine per Enrico Mattei. "Don Vito" era anche cugino di Enrico
Cuccia e cervello economico del governo di Silvio Milazzo, anticipatore del
Centrosinistra, nonché mente giuridica dei discussi cugini Salvo, gli esattori
democristiani che foraggiano a lungo tutta la classe politica siciliana, senza
eccezioni, era comunque un militante comunista fedele, tanto che divenne anche, nel
1998, testimone al processo per mafia a carico di Andreotti, sul cui silenzio
totale ci si poteva fare sicuro affidamento.
Invece, chi
rappresentava un fortissimo pericolo per il Pci, come aveva segnalato anche lo
stesso Vito Guarrasi, era Salvo Lima, che aveva foraggiato tutta
la politica siciliana, da destra a sinistra e che dunque sapeva troppe cose.
Manine amiche “mafiose”
tolsero di mezzo Salvo Lima il 12
marzo del 92
Questa
successione temporale degli eventi ricordati dimostra, in modo logico e
inconfutabile, che Mani Pulite non
fu una azione giudiziaria contro la corruzione, ma una delle tante “diverse azioni sovversive” che il Patto di Varsavia, complice il Pci/Pds
italiano, voleva sferrare contro la democrazia italiana, per eliminare ogni
avversario politico del Pci/Pds in vista delle imminenti elezioni politiche.
Questa mia ricostruzione storica, vi
guiderà, passo passo, lungo il tragitto di questa “diversa azione sovversiva”(che voi ancora chiamate “ Mani Pulite”
e che sempre e solo voi ancora credete essere stata “ una inchiesta
giudiziaria”) elaborata e sferrata dal Patto di Varsavia e eseguita freddamente da Gerardo D’Ambrosio
con la complicità di tutto quel Pool di Milano contro l’Italia, per rivelare, all'opinione pubblica italiana, con quali “ azioni criminali, sferrate in
totale complicità fra Pool di Milano e
Pci/Pds” il Pci/Pds sia rimasto l’unico
partito politico italiano “impunibile e intoccabile” che ha trasformato l’Italia
in un Paese dominato dai post comunisti.
Fine della prima puntata
Tratto dal libro in corso di pubblicazione " Così eravamo noi" di Gaetano Immè
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