LEGA NORD DI SALVINI, UNA BANDA DI LADRI
Uniamo
certamente gli sforzi di tutti per
provare a lasciare ai nostri figli e nipoti un Paese dove si possa vivere, non solo sopravvivere,
ma niente “Fratelli d’Italia”, niente “ Patria da difendere”, niente a che spartire con chi canta oggi “ bella
ciao” o “ l’inno nazionale ”, solo patetici tentativi di sentirvi pecora nel branco
tricolore, di sfruttare le forza del branco non avendo dentro di voi le risorse
necessarie per sopravvivere, senza un branco
che vi tranquillizzi e senza chi pensa
per voi, i pastori.
La questione
del Mezzogiorno deve essere affrontata e stavolta in maniera definitiva, basta furbate,
imbrogli, truffe, appropriazioni indebite padane, basta con questo Nord
ladrone.
La crudele
realtà è la seguente: le regioni del Nord (Veneto, Lombardia su tutte), dal
giorno in cui fu varata la Legge numero 42 del 2009 – il federalismo fiscale –
con la conseguente modifica dell’articolo 119 della Costituzione, hanno
perpetrato uno scippo di stato ai danni del Mezzogiorno pari a 60 miliardi di
euro ogni anno per il periodo che va dall'approvazione del “ federalismo
fiscale”, ossia dal 2009 ad oggi e mentre il Nord banchettava rapinando il
Mezzogiorno di 60 miliardi l’anno, con il Governo del 2018 di Salvini e di Di
Maio sul nesso Nord-Mezzogiorno incombe
una ulteriore i bomba ad orologeria: la perentoria pretesa del “regionalismo a
geometria variabile”, le così dette “ autonomie locali” che la Lega di Salvini
e il M5s di Di Maio hanno anche messo fra i punti irrinunciabili del loro
famigerato “ contratto di Governo”.
Che sia
possibile discutere di ulteriori riforme sulla autonomia regionale è evidente,
dato che ne parla l’articolo 116, terzo comma della Costituzione, precisando,
però, che ogni ulteriore e possibile riforma debba essere coerente e conforme a
quanto disposto nell'articolo 119, proprio quello che è stato oggetto di un’apposita
legge − la 42 del 2009 − tesa ad attuare il federalismo fiscale.
Ma non sembra
che sia questa l'intenzione di Salvini e di Di Maio dato che il loro “contratto
di governo” prevede questo “regionalismo a geometria variabile” come il solo
“impegno assolutamente prioritario”. Ora Salvini non evoca più la secessione,
cioè l'obiettivo un tempo in cima ai pensieri della Lega Nord e non cita
neppure il “federalismo fiscale”, per la cui attuazione c'è appunto dal 2009 la
legge 42 elaborata da un Ministro della Lega Nord, ossia da Roberto Calderoli,
ma invoca ed evoca invece un evanescente “regionalismo a geometria variabile”
del quale si scoprono − sia nelle pre-intese che nelle varie bozze delle intese
− originali specificità.
Ma “l'autonomia
che Salvini e Di Maio vogliono promuovere” deve conformarsi alla Costituzione
(appunto, articolo 119 e legge 42/2009). Essa dovrebbe essere dettagliatamente
motivata dai proponenti, prospettando quali e quanti aumenti di efficacia e di
efficienza nell'uso delle risorse essa possa garantire senza compromettere non
tanto una vaga solidarietà nazionale bensì quei diritti di “altri” cittadini garantiti dall'articolo 117 della Costituzione.
Le tre
Regioni del Nord, pur con differenziazioni, hanno stilato un lungo elenco di
richieste su materie concorrenti, tra le quali la sanità e perfino alcune di
legislazione esclusiva dello Stato, quali le norme generali sull'istruzione,
con l’obiettivo di trasformare beni pubblici “nazionali” in beni pubblici
“locali”. Per tutte chiedono di assumere funzioni finora esercitate dallo
Stato. Richieste che alludono ad una evoluzione a seguito della quale ogni Regione
si fa Stato ed il sistema del mai realizzato federalismo transita ad un sistema
confederale definito “regionalismo a geometria variabile”.
Il “piede di
porco” che la Lega di Salvini ha sempre usato, dal 2009 ad oggi, per rapinare
il Mezzogiorno di 60 miliardi di euro ogni anno, si chiama “spesa storica”,
criterio che con il federalismo fiscale del 2009 non dovrebbe più avere alcun
valore. Perché quel “federalismo fiscale” prevedeva anche che si sarebbero
dovuti stabilire anche i “livelli minimi” - per ciascuna voce di “spesa
pubblica” (asili nido, trasporti, viabilità, infrastrutture, eccetera) da garantire
ad ogni cittadino italiano sia del Nord che del Mezzogiorno.
Se questo
lavoro fosse stato fatto, come richiedeva sia la legge 42 del 2009 che la Costituzione,
allora la spesa (i “livelli minimi territoriali) sarebbe stata inclusa nei
fabbisogni standard e quindi calcolata per l’accesso al “fondo di perequazione”
anche per i Comuni più poveri.
E invece per
tutti questi anni, nel silenzio generale, è stato usato il “piede di porco” a
disposizione della Lega Nord di Salvini con il quale la Lega ha scassinato ogni
anno la cassaforte della spesa pubblica, rubando al Mezzogiorno, ogni anno, 61
miliardi di euro, grazie al criterio della “spesa storica” che, ovviamente,
premiava il ricco ed opulento Nord.
Urge abbandonare
il criterio della “spesa storica”. L’arma da scasso, che rende il Nord sempre
più ricco ed il Mezzogiorno sempre più povero. Perché c’è enorme differenza tra
la “spesa del soggetto Stato” da solo e la “spesa pubblica allargata” che
comprende anche le spese a quel titolo delle Regioni, delle Province, dei
Comuni, delle Comunità delle società partecipate, delle società collegate e
così via.
Senza
stabilire quei “livelli minimi” ovvio che con il criterio della “spesa storica”
il Nord ladrone s’arricchisce mentre il Mezzogiorno sparisce.
A proposito
di “spesa storia”, di “spesa pubblica allargata”, vogliamo ricordare quante
sono le società partecipare degli Enti Locali in Italia? Sono circa 5.700, una
greppia che persino l’ex Ministro del governo Renzi, Marianna Madia, aveva
dichiarato dovesse essere immediatamente ridotto a 1000 unità. E invece sono
ancora tutte là, ognuna con il suo bel Consiglio di Amministrazione, con il suo
Collegio dei Revisori, una magna magna senza fine. E di questi 5.700 cancri il
60% è al Nord, il 20% al Centro, il 15% al Sud e nemmeno il 5% nelle isole.
“Spesa
storica” serve per foraggiare questo poltronificio leghista, tutta corruzione,
tutto reato penale di voto di scambio, tutto clientelismo, tutto debito
pubblico.
Conclusione?
Questa: il
Centronord, che ha il 65% della popolazione italiana incassa il 723% della
spesa pubblica totale, mentre il Mezzogiorno, che ha una popolazione pari al 34%
della popolazione totale riceve dallo stato solo il 28% della “spesa pubblica
allargata”.
Lega ladrona.
Gaetano Immè - Tanino da Ortigia
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