QUELLO
SCANNATOIO DI MANI PULITE.
CRONACA DI UNA TRUFFA GIUDIZIARIA, COMMESSA DAL POOL DI MILANO, PER SALVARE IL PCI
CRONACA DI UNA TRUFFA GIUDIZIARIA, COMMESSA DAL POOL DI MILANO, PER SALVARE IL PCI
Parte
Seconda
DAL PASTICCIACCIO BRUTTO DEL CONTO GABBIETTA
ALLA CONQUISTA DEL POTERE.
Il PCI , una vera e propria holding del malaffare politico, dopo
un primo periodo “picaresco” (databile fra il ’44 ed il ’47), durante il quale
si finanziava con il bottino delle razzie della Resistenza (ossia con l’oro di
Dongo, con una parte del tesoro rubato
alla Banca Jugoslava in complicità con Licio Gelli), si arricchì non solo con il massiccio e sistematico
finanziamento da parte del Pcus e del Kgb, ma anche con l’apporto delle
cooperative rosse, tutte inquadrate nelle “ Lega delle Cooperative”, con una vasta
rete di imprese di import-export che
agivano sotto la guida e la regia di Eugenio Reale, con le ingenti tangenti
ricevute dall’Eni di Enrico Mattei ( sempre attento a finanziare il suo
partito), poi ancora sostenendo, in Parlamento, alcun “ leggi speciali”, come “
la
politica dell’Amministrazione straordinaria” votate dal Pci quando
serviva per far ottenere generosi finanziamenti pubblici ad imprese con le quali aveva concordato
cospicue e ingenti tangenti , fino ad arrivare a forme di vera e propria sfacciata
speculazione sugli “asset di proprietà dell’Italia”, come avvenne con la scalata alla Telecom di Stato da
parte dei famosi “ capitani coraggiosi”, cari al Presidente del Consiglio D’Alema.
Inoltre il Pci fungeva anche “facilitatore” per
introdurre, nel sistema Urss, beni e servizi, motivo per cui intermediava e
controllava i rapporti tra grandi imprese italiane e Mosca. E si finanziava con le tangenti che
riscuoteva. Voglio ricordare che la Fiat
dovette proprio ad un accordo con il Pci la costruzione dello
stabilimento automobilistico che creò nella Russia di Stalin, tanto che lo
stesso Avvocato Gianni Agnelli ,
preoccupato dalle gesta delittuose delle B.R. durante gli anni del terrorismo,
temendo per quel complesso industriale della Fiat, chiese all’ Avvocato di “Panorama”, l’ Avvocato Gatti, di fargli
incontrare, nella villa di Gatti a Capri,
Valerio Morucci, quando costui era già un noto brigatista ed era
praticamente il “plenipotenziario” delle B.R., allo scopo di raccomandare la tutela
della proprietà della Fiat.
Nel 1966 fu creata la 'Koko'
(Kommerzialle
Koordinierung), una società tedesco orientale, una vera e propria rete internazionale che aveva tra i suoi compiti un ”‘Kombinat'
di attività economica, ideologica e spionistica, compresa l’importazione nei paesi dell’Est di tecnologie
vietate e che operava con la Stasi, la polizia segreta di Honecker,
che per circa trent'anni agirà, pressoché indisturbata, in Europa occidentale
e, con il commercio delle armi, in Medio Oriente e in altri paesi soggetti ad
embargo.
La KoKo aveva il compito,
attraverso il coordinamento delle attività commerciali,
di generare profitti massimi al di fuori del piano statale,
assumendo così una posizione giuridica e legale speciale. Pertanto, la KoKo era strutturata in dipartimenti e
settori e contava oltre 3000 dipendenti. La divisione KoKo aveva una rete di aziende e contatti con politica, affari,
intelligence e commercianti, con l'aiuto del quale venivano coordinate le
attività commerciali.
La caduta del Muro non fu certo un fulmine a ciel sereno,
né per l’Europa, né per tutto il mondo, tanto meno per la Rdt. Gli scricchiolii
del “sistema” erano già noti già molto prima della fine degli anni ’80.
Nell'Unione Sovietica, con la “glasnost”
e la “perestroika”, progrediva il
lento passaggio dall'economia di stato all'economia di mercato. In quel
“marasma” stavano esplodendo, nell’Urss, certi “reati penali” (specie “prostituzione”,
“mafia” e ”criminalità organizzata”) che non esistevano come reati nel “diritto
staliniano”, dato che quei reati venivano ritenuti solo dei “fenomeni specifici
del mondo capitalistico”. Trovando la magistratura senza armi, impreparata, “la
mafia”, specialmente quella russa, acquisì un potere enorme, controllava tutte
le attività criminali. In questo quadro desolante, negli ultimi anni 80 e nei
primissimi anni ’90, invasero la Russia e tutta l’Europa dell’Est, compresa,
dunque, la Rdt, tutte le mafie più organizzate e temute del mondo: la mafia
siciliana, le grandi famiglie della mafia italo-americana di New York, la
giapponese Yakuza, la cinese Triade.
Le condizioni politiche, sociali, giudiziarie che ho
accennato rendevano tutte le aree dell’Europa dell’Est comuniste terre da rapinare,
nazioni da saccheggiare. In gioco c’erano il “tesoro” del Pcus e quello del
Unione sovietica, quello ingentissimo del Kgb.
“Oro da Mosca ed anche da Berlino”, insomma, uno
sterminato bottino a disposizione delle mafie di tutto il mondo.
Ebbene in quel clima di dissoluzione dello Stato
sovietico, le mafie ebbero buon gioco riuscendo a sottrarre alla sola Russia un
“tesoro inestimabile”, sul quale iniziò ad indagare un noto Magistrato russo, Valentin Stepankov.
Quelle indagini, nella sola Russia, ebbero un effetto bomba: in poco più di due mesi, dall'agosto al settembre del ‘91, stavano facendo venire a galla tutta una incredibile serie di
vere e proprie “ depredazioni” ai danni del popolo russo, operate in complicità
fra le varie mafie e il sistema dei funzionari del regime passato e stava
venendo alla luce una sistematica opera
di riciclaggio di quei tesori rubati , riciclaggio compiuto al di fuori,
ovviamente, della Russia, insomma quelle indagini provocarono una drammatica sequenza
di “ suicidi eccellenti”.
In nemmeno due soli mesi, furono ben “1.746” questi “suicidi eccellenti” che
coinvolsero insospettabili personaggi pubblici. La Procura russa, guidata da Valentin Stepankov, aveva così
scoperto, un incredibile reticolo di ben 1.767
“joint venture” che collegavano indissolubilmente i “suicidi eccellenti” a
tutte le forme possibili ed immaginabili di “riciclaggio” di quel favoloso
bottino in ogni angolo del mondo. Ed aveva avviato, fra la fine del 1991 ed i
primi mesi del 1992, una serie di inchieste per raccogliere le prove
dell’utilizzo “indebito” di fondi statali a favore del Pcus negli ultimi venti
anni, che coinvolsero anche il Pci ed il sistema delle cooperative rosse, nonché
un arcipelago di società funzionali allo stesso Pci, capeggiate dalla "Maritalia SpA” di Ravenna.
Il Procuratore russo Stepankov dunque aveva raccolto importanti prove e documenti che
dimostravano che tra il 1951 ed il 1991 dal “Fondo internazionale di Assistenza Internazionale” (ai partiti e
alle organizzazioni sindacali comuniste), da Mosca, erano stati consegnati al
Pci, circa 1.000 miliardi di lire, in rubli e in dollari, una “vera fortuna”
che ha pesantemente condizionato la vita politica dell’Italia nel secondo dopo
guerra. Stepankov aveva scoperto che
quell'enorme flusso di ricchezza continuava ad uscire dalla Russia anche “dopo”
che Gorbaciov aveva dato ordine di
non finanziare più i “partiti politici fratelli”, nonché l’esistenza di una
rete di rapporti finanziari molto stretti, che legavano la rete di società italiane
- che avevano rapporti molto stretti con il Pci - al “favoloso riciclaggio mondiale” di quella
fortuna, che ora era considerata “rubata” al popolo russo. Si tratta di
documenti che verranno in seguito utilizzati dal Magistrato italiano Carlo Nordio, come dichiara lo stesso Nordio nel libro “Il viaggio di Falcone a Mosca”
di Bigazzi
e Stepankov.
Per questo Francesco
Cossiga, come hanno testimoniato Martelli,
Cirino Pomicino, Andreotti ed anche Bruno
Vespa, tra la metà del 1991 e i primi due mesi del 92, come Capo dello
Stato, incaricò personalmente Giovanni
Falcone, giudice esperto in mafia, di collaborare con Stepankov, di seguire e approfondire le indagini russe nel
“versante italiano”.
La domanda che si erano posti sia Cossiga che Falcone fu una
e una sola, questa: chi riciclava quella fortuna in dollari ed in rubli in giro per il
mondo?
Chi trasformava quella
fortuna in lire italiane e le portava al Pci in Italia?
La risposta che
dettero fu una sola: sicuramente c’era di mezzo la mafia italiana, ma anche un
consorzio di mafie, quella siciliana, quella italo-americana, quella russa,
quella giapponese, quella cinese, eccetera. E il riciclaggio di questa immane
refurtiva doveva avvenire in modo tale da non potere essere localizzato,
individuato, scoperto, per il pericolo dei sequestri e delle incriminazioni.
Dunque non esisteva, a quei tempi, migliore strumento finanziario che potesse
garantire, a questo monumentale opera di riciclaggio, la più totale impunità
assoluta se non gli “Hedge Fund” americani, di cui parlerò tra breve.
Su questo stavano indagando, non solo Falcone, ma anche Borsellino, perché dopo che Falcone
venne trucidato a Capaci, tutte
le conoscenze che Falcone aveva
raccolto sul flusso del denaro sporco, sul riciclaggio di quella fortuna,
passarono a Borsellino.
Ecco, forse, un “altro “motivo - oltre il “geniale”
pubblico annuncio, fatto dal Dr Giammanco
in televisione, con cui comunicava a Paolo Borsellino che la Procura di Palermo
aveva deciso di autorizzarlo a riprendere le indagini sull'inchiesta “Mafia e
Appalti” istruita dai Ros del gen. Mario Mori. Pensate! Il Dr Giammanco rendeva noto a tutti, mafia compresa ovviamente, che
Borsellino poteva riprendere le indagini su Mafia e Appalti quando era stato
già deciso dalla stessa Procura di chiederne l’archiviazione! - per cui, non appena Scotti e Martelli annunciarono in televisione che Borsellino stava per assumere la
direzione della “Procura Nazionale Antimafia”, dopo Falcone, fu ucciso anche Borsellino,
anzi, fu mandato a crepare.
Fu dunque Cossiga
che dette incarico a Giovanni
Falcone di cooperare con il collega russo Stepankov, per scoprire i rapporti occulti, mafiosi, malavitosi che
riguardassero direttamente o indirettamente il Pci nel criminale sistema di riciclaggio di quella refurtiva.
Falcone accettò l’incarico con
entusiasmo – racconta Martelli che
allora era Ministro della Giustizia – “e credo che con quella sua accettazione”
– sottolinea Martelli- “abbia firmato la propria condanna a morte”.
Fine seconda parte
Tratto da un capitolo di un libro di Gaetano Immè in corso di pubblicazione , dal titolo " Così eravamo noi".
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