QUELLO
SCANNATOIO DI MANI PULITE.
CRONACA DI UNA TRUFFA GIUDIZIARIA, COMMESSA DAL POOL DI MILANO, PER SALVARE IL PCI
CRONACA DI UNA TRUFFA GIUDIZIARIA, COMMESSA DAL POOL DI MILANO, PER SALVARE IL PCI
Parte
Quarta
IL PCI, LE TANGENTI, IL CONTO GABBIETTA,
DUE MAGISTRATI DEL POOL DI MILANO, GERARDO
D’ AMBROSIO E TIZIANA PARENTI.
MA SOLO QUEL POCO CHE VI HANNO FATTO SAPERE
Nel Pool di Milano vigeva uno strano, inusuale,
forse anche “illecito” regime, il “regime del quarto piano” del Palazzo
di Giustizia di Milano, ossia che ogni Magistrato del Pool, per indagare,
doveva dapprima ottenere una sorta di permesso, di benestare da parte di un
altro P.M., ossia da parte di Gerardo
D’Ambrosio, il così detto “coordinatore
del Pool” e non dal vero capo del Pool, ossia da Borrelli.
Tra l’altro questo Gerardo D’Ambrosio era
piuttosto “chiacchierato” nell'ambiente giudiziario, specie quello milanese. D’Ambrosio era a Milano già da tempo,
già da quando era esploso il caso di Piazza
Fontana. Quando quel caso fu
assegnato a D’Ambrosio,
immediatamente il Pci mandò a
Milano, con le funzioni di “cronista giudiziario” uno dei suoi migliori
“commissari politici stile Stalin”, tale Ibio
Paolucci.
Ora
questo Ibio Paolucci non ci capiva
quasi nulla dei problemi giudiziari, ma era un “persuasore comunista”
molto in gamba, era un “Commissario politico”, una sorta di
Beria all'italiana molto quotato nel Pci, che si appiccicò come una sanguisuga
a D’Ambrosio e i due divennero in
breve inseparabili. Insomma D’Ambrosio fu
quasi plagiato da questo Paolucci,
perse la sua autonomia intellettuale – che pure aveva dimostrato di possedere
quando non si fece fagocitare dal
pensiero unico dominante che pretendeva spacciare come “verità” la “ bufala”
che Pinelli fosse stato ucciso nella
stanza del Commissario Calabresi –
oltre che il suo proverbiale buon umore, divenne arcigno, occhiuto e così
sfacciatamente prono ai voleri del Pci
e non a quelli del diritto, che, alla
sua morte, il suo stesso Comune di nascita, Santa Maria a Vico, nel salernitano, si rifiutò di concedergli la
cittadinanza onoraria con un epitaffio da
rabbrividire: “D’Ambrosio sarà pure stato un cittadino illustre, ma non seppe stare al
di sopra delle parti come un magistrato dovrebbe sempre essere”.
Parole di fuoco, indelebili, nei registri di
quel Comune.
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Ci sono episodi, rigorosamente tenuti nascosti all'opinione pubblica
italiana che, una volta rivelati, servono a far capire, meglio di qualsiasi
documento, a quale livello di manipolazione dell’informazione eravamo arrivati
già negli anni 90, 91, 92 e 93
Racconto o svelo questo episodio molto significativo al riguardo.
Sull’onda del famoso TG4 in cui anche la notte appariva il famoso Manlio Brosio, prima della sua
folgorazione mariana, che, indicando una
finestra di una stanza del quarto piano del Palazzo di Giustizia di Milano con
le luci accese, salmodiava “ lassù Di
Pietro ancora lavora per eliminare la corruzione…”, la sinistra comunista,
forte del suo delirio di onnipotenza dovuto al nuovo “ papa esterno”, pensò di creare una “associazione a delinquere finalizzata alla
manipolazione dell’informazione ed alla
disinformazione dell’opinione pubblica”. Sono state le confessioni di due
giornalisti implicati in questo “pasticciaccio brutto”, Piero Sansonetti e Antonio
Polito, a rivelarlo, altrimenti non ne saremmo mai venuti a conoscenza.
Bene allora dovete sapere che ai tempi di Mani Pulite “Corriere della Sera”, “Repubblica”, “La
Stampa” e “L’Unità” si consultavano alle sette della sera con un pool di
Magistrati di Milano (furono Borrelli,
Di Pietro, Greco, Davigo e Colombo) - li avevamo battezzati “la banda dei
quattro + quattro” - e “concordavano
come convenisse presentare gli articoli di fondo di quei giornali nel modo in
cui fossero funzionali agli interessi dei magistrati”.
Insomma quei quattro giornali, molto diffusi e molto importanti,
divennero lo strumento nelle mani del Pool di Milano, all'informazione era
stato messo il guinzaglio, la banda dei giornalisti lucrò strepitose carriere
mediatiche e politiche ( Veltroni era, a quei giorni il direttore dell’Unità,
Mieli quello del Corriere della Sera) - fatta eccezione per Piero Sansonetti
che, avendo sputato il rospo e raccontato questa schifezza, ha pagato con
l’ostracismo della stampa foraggiata – l’opinione pubblica venne “ ammaestrata ad adorare la versione
politicamente corretta di Mani Pulite” i Magistrati, da parte loro, stavano
ogni giorno sulla prima pagine dei suddetti giornali e vai con foto,
interviste, talk show, quattrini, fama, onori….
Tutto, a quel tempo, era pensiero unico, stile Unione Sovietica, una
sorta di Minculpop guidato da questa banda dei 4+4, 4 PM e quattro giornalisti.
L’Italia moriva, ci stavano togliendo la libertà di informazione e di
pensiero, loro pensavano a fare carriere strepitose.
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Guardate che se il 'caso
KoKo' è emerso, in Germania, in tutta la sua ampiezza e gravità e ha
occupato un posto di rilievo nella storia moderna e anche nelle indagini del
Procuratore russo Valentin Stepankov,
occorre aggiungere che, purtroppo, poco o nulla sarebbe trapelato in Italia di
tutto questo marasma, se a strappare il velo dei misteriosi rapporti ‘KoKo - Eumit' non ci avesse pensato,
durante i giorni della così detta “Mani
Pulite”, il sostituto procuratore di Milano Tiziana Parenti.
La Parenti
era entrata a far parte del Pool di
Milano a “ sgozzamenti “ già iniziati da tempo, esattamente a marzo del
’93, preceduta da una nomea di magistrato iscritta al Pci di Pisa (era “Titti la
rossa” nell'ambiente) e, date queste sue credenziali, la sua inclusione nel
Pool di Milano non viene osteggiata da D’Ambrosio
e da Borrelli e nemmeno dagli altri
magistrati, anzi la sua tessera del Pci fu, come dire, “una garanzia” e quindi
le vennero assegnate proprio le indagini sulle tangenti al Pci, sia dalla Russia che in Italia ed in Europa.
Il tutto nasce dalla scoperta di un conto in
Svizzera, il famoso conto “gabbietta”,
di cui è titolare Primo Greganti, ex
amministratore della federazione provinciale del Pci di Torino, un “compagno
prestanome” a disposizione del Pci, come quel Brenno Ramazzotti nella “Eumit”,
come i più noti Ugo Vetere, Luigi
Petroselli,Giulio Argan, Francesco Rutelli, Water Veltroni e chissà quante altre
“teste di legno”.
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Fine Quarta parte- Segue
Tratto da un capitolo del libro dal titolo “ Così eravamo noi”, di Gaetano
Immè, in corso di pubblicazione